L’inossidabile mito di Superman il difensore dei valori made in Usa

Valerio Marchi
“Mentre un remoto pianeta andava incontro alla sua fine per cause naturali, uno scienziato pose il figlio neonato in una navicella costruita in lotta contro il tempo per inviarlo sulla terra. All’insaputa dei presenti, la struttura fisica del piccolo era milioni di anni luce più avanzata della loro…». Il “remoto pianeta”, di un altro sistema solare, era l’immaginario Krypton.
Cominciava così nel 1938, negli Stati Uniti, l’epopea del capostipite dei supereroi. L’esordio avvenne sul primo numero di “Action Comics”, una serie di albi a fumetti che ospitavano avventure di vari personaggi. Per avere una propria testata Superman attese il 1939, ottant’anni fa, quando apparve anche in Italia con il reboante nome “Ciclone l’Uomo d’acciaio” (in seguito “Uomo fenomeno”), perché il fascismo censurava i nomi stranieri, motivo per cui non si nominavano neppure gli autori americani; poi fu conosciuto come Nembo Kid e più tardi come Superman.
Su quella copertina di “Action Comics” del 1938, entrata nell’iconografia mondiale, Superman sollevava un’automobile mentre alcune persone, probabilmente criminali, fuggivano da quell’incredibile essere alieno. Clive Barker ha scritto: “Superman è dopotutto una forma di vita aliena, è il volto accettabile di entità che ci invadono”. E proprio nel 1938, ricordiamolo, Orson Welles scatenò la fobia dell’invasione extraterrestre con l’adattamento radiofonico del romanzo “La guerra dei mondi” di H.G. Wells. Il vero nome proprio di Superman è Kal-El, che in ebraico significa “voce di Dio” e che riflette l’origine dei suoi creatori: Jerry Siegel e Joe Shuster. Giovanissimi studenti ebrei della Glenville High School di Cleveland (Ohio), i due concepirono sulle prime un personaggio cattivo, ma poi cambiarono idea. La mossa fu vincente: Superman divenne il buono, il difensore del mondo, della libertà e dei valori made in Usa. Quasi un moderno Mosè americano, quasi una figura messianica.
Siegel e Shuster avevano lavorato a Superman già dai primi anni Trenta, scolpendone a quanto pare la figura sul modello del possente fisico di Primo Carnera, famosissimo in America, campione del mondo dei pesi massimi nel 1933. E proprio nel ’33 avevano proposto agli editori il loro personaggio che però fu bocciato perché ritenuto troppo originale. Tuttavia, una volta preso il volo nel 1938-’39 il successo fu clamoroso (anche se per vari motivi fece la fortuna di altri e non quella dei due autori). Prese vita così un intero filone: nacquero, dal 1939 Batman, Human Torch, Flash, Captain Marvel, Aquaman, Wonder Woman e così via.
Fra i supereroi, Superman è unico per molti aspetti, ma in particolare per quello che Quentin Tarantino ha espresso in “Kill Bill: Volume 2”: diversamente dai suoi “colleghi”, Kal-El non è un uomo che diventa supereroe; lui è nato Superman e diventa uomo nel suo alter-ego Clark Kent. Il suo vero costume è formato dagli occhiali e dall’abito da lavoro del pavido e impacciato giornalista tramite il quale si mimetizza fra di noi. Deboli che non credono in se stessi: è questo il modo in cui Superman vede gli umani. E tuttavia li ama e si prende il peso della sua responsabilità, perché sa che non bisogna approfittare delle proprie capacità: “super poteri comportano super responsabilità”, questo è il suo motto.
È una responsabilità che devono assumersi anche i potenti. E, nel nostro piccolo, dobbiamo farlo tutti noi. In un fascicolo del 1962, credendo di essere sul punto di morte, Superman scrisse infatti questo messaggio di addio: “Ogni uomo che fa del bene agli altri è un Superman”. —
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