L’inchino del festival a Fabien de Grieux

PORDENONE. Letteratura e cinema: un binomio che ha dato vita a migliaia di pellicole. Tra esse, una dozzina si ispira a quello che è considerato uno dei migliori romanzi francesi del Settecento, La storia del cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut di Antoine François Prévost d'Exiles, conosciuto come l'abate Prévost, la cui vita fu irrequieta, movimentata e avventurosa come quella dei suoi protagonisti.
Pubblicato originariamente nel 1731, in una edizione di pochi anni dopo il suo titolo diventa Manon Lescaut, spostando l'accento sul personaggio femminile. Pur avendo avuto un'intensa attività letteraria, la fama di Prévost è legata a questo solo romanzo, molto ammirato dai contemporanei e ancor più nell'Ottocento, ispirando drammi teatrali, balletti e opere musicali, tra cui quelle di Massenet e di Puccini.
Anche il cinema fin dalle origini, all'inizio del Novecento, continua ad alimentare il mito di Manon, la giovane, ricca di charme, figurazione della femminilità oscillante tra una dimensione sentimentale, l'aspirazione a un amore sincero, e il desiderio della ricchezza che la porta a diventare una mantenuta di gran lusso nella cornice libertina, dissoluta e decadente della Francia all'epoca di Luigi XV.
Dopo una mezza dozzina di pellicole - due italiane (1906 e 1918), una francese (1912), una americana del 1914 con Lina Cavalieri e due tedesche (1919 e 1926) - , la Warner Bros. decide di riportare sugli schermi quella vicenda così piena di passioni e sentimenti, affidando i ruoli di protagonisti a John Barrymore, al culmine della sua popolarità, e Dolores Costello.
Figlia d'arte, già baby-star, Dolores Costello era poi passata al varietà e quindi scritturata dalla Warner. Viene subito notata da Barrymore, grande seduttore sullo schermo e nella vita, che la vuole al suo fianco in The Sea Beast (1926) e l'anno successivo nel nuovo film su Manon.
Anche se il titolo americano When a Man Loves privilegia il protagonista maschile, la Costello dimostra di sapere tener testa alla forte personalità del suo partner, che un anno dopo farà di lei la sua terza moglie.
Pur maturo (44 anni) per impersonare il giovane e tormentato cavaliere Fabien des Grieux, John Barrymore nei costumi settecenteschi evidenzia la sua consueta eleganza nel portamento, prestanza fisica e fa mostra del suo celebre profilo, che il direttore della fotografia (e futuro regista) Byron Haskin celebra in una dozzina di inquadrature. Ben valorizzati sono anche i grandi occhi di Dolores Costello e il volto che alcuni anni dopo conoscerà i devastanti effetti del pesante make-up imposto dagli studi hollywoodiani.
Infatti, a causa del deterioramento delle condizioni della pelle, l'attrice a soli quarant'anni è costretta a ritirarsi dal cinema e si rinchiude in una specie di isolamento in una fattoria nei pressi di San Diego.
Nella prima metà del film la sceneggiatura è fedele al romanzo, poi intervengono considerevoli novità, ad esempio viene introdotta la figura del re Luigi XV, anch'egli interessato all'affascinante Manon.
Ma è soprattutto l'ultima parte, relativa al viaggio della nave carica di donne (tra cui Manon) condannate alla deportazione nella colonia della Louisiana e di galeotti (tra cui il cavaliere des Grieux), che diventa una specie di film nel film.
Sono sequenze dal ritmo esagitato e uno stile fortemente espressionista con un Barrymore scatenato che si arrampica sulle pareti di una grande gabbia di ferro (alla King Kong) in cui è rinchiuso con criminali e schiavi.
Anche il finale è diverso dal romanzo e da altre versioni cinematografiche..
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