Lello Arena: «Io e Massimo, una grande amicizia nata sul palco di un teatrino»
Il 22 luglio l’attore sarà ospite del premio Amidei a Gorizia. Il ricordo di Troisi, “Non stop” e la passione per il rugby

UDINE. Come diceva Lello in una delle tante scene cult del film “Ricomincio da tre” (1981): «C’è ’o miracolo e ’o miracoloooo», per distinguere una volta per tutte - in una chiacchiera con l’amico Gaetano (Troisi) - le due diverse tipologie miracolose che il cielo ti assegnava.
«Non ci accontentiamo mai del miracolo normale, puntiamo sempre a uno straordinario», spiega il Lello di oggi, valigia in mano destinazione premio Amidei di Gorizia (fino al 26 luglio) dove sabato 22 luglio è già pronto e impacchettato un omaggio all’Arena sceneggiatore, oltre che attore, fumettista, regista, conduttore televisivo. Tanti Lello in uno.
La scaletta prevede un primo incontro con lui, alle 15, in sala 2 del goriziano Kinemax, a cui seguirà la proiezione di “No grazie, il caffè mi rende nervoso”, 1982. Alle 18 ci sarà il secondo appuntamento con l’artista in dialogo con Mario Milosa ed Eleonora De Majo.
Quindi lei ha sceneggiato, oltre alle cose note, pure Lupo Alberto e Topolino?
«Un divertimento che è servito a oliare i meccanismi della scrittura. Vorrei però soffermarmi sul lavoro occulto realizzato per La Smorfia e su quei testi frutto di fatiche condivise. Chiunque di noi, talvolta di più e altre volte di meno, ha contribuito alla riuscita delle gag e a renderle senza tempo».
Tant’è che certi vostri slang, tipo “annunciazione annunciazione!”, sono rimasti intatti e per nulla scalfiti dagli anni, anzi.
«Abbiamo usato anche degli escamotage impiegati in pubblicità, giusto per dare più forza alle battute affinché rimanessero a lungo nei pensieri degli spettatori. Aggiungo, per correttezza, il prezioso contributo di Giancarlo Magalli, l’unico autore — per la trasmissione “Non stop” di Enzo Trapani - che si unì a noi in tutta la nostra storia».
Ha fatto bene a ricordare quel mitologico programma del 1977 che fu una rampa di lancio dei vari Verdone, Giancattivi, Gatti di Vicolo Miracoli, Marco Messeri e, ovviamente, de La Smorfia.
«Magalli e Trapani ci vennero a vedere al cabaret La Chanson di Roma, ma non risero per niente. Massimo, alla fine del primo tempo, disse a me a a Enzo: “Io, quelli, non li voglio nemmeno salutare”. Il direttore del locale ci suggerì d’incontrarli e scoprimmo, invece, che si erano molto divertiti. E loro ci offrirono la televisione».
Lello Arena rugbista: una lunga storia d’amore con la palla ovale.
«C’è ancora molto sentimento, nonostante l’età. Da giovane mi dividevo fra i campi di gioco e il palcoscenico, finché una sera Troisi mi confidò: “la domenica saliamo in scena e sei sempre tutto acciaccato: non vorrei pensassero che ti hanno menato perché non gli piaceva lo spettacolo”. A quel punto lasciai la rissa. Continuo a sfasciarmi pure adesso a quasi 70 anni, anche se la nostra regola è: al minimo contatto devi abbandonare la palla. Ma non è mai così».
Quand’era bimbo i suoi da Napoli si trasferirono a San Giorgio a Cremano e lei s’infuriò parecchio per questa scelta che la costringeva ad allontanarsi dalla sua amata città, ma il destino stava per riservarle la svolta della vita: l’incontro con Massimo Troisi.
«Dico sempre ai miei figli: non prendetevela con noi se non siete d’accordo su certe decisioni, date fiducia all’esistenza, a volte è proprio dalla sofferenza che vi prepara un meraviglioso futuro. Mai avrei conosciuto Massimo se fossi rimasto a Napoli».
Ci racconta come vi siete incontrati?
«Anche qui è stato il caso a scegliere per noi. Recitavamo in un teatrino parrocchiale e il ragazzino che interpretava un salumiere si ammalò e mi suggerirono, per sostituirlo, un tipo simpatico che abitava in zona. Si chiamava Massimo e venne da me. Gli spiegai la scena da fare con i vari salumi nel cesto. “Devo dirli in ordine?” , mi chiese lui. “No, gli risposi io, fai come ti viene”. “No no, io voglio dirli in ordine”, s’intestardì. “E allora vai a casa a studiare”, gli dissi e lo salutai. La sera del debutto la sala era piena piena e il piccolo Troisi si emozionò moltissimo e non gli venne la successione che aveva imparato a memoria. “Vai avanti lo stesso”, gli urlai dalle quinte, ma lui niente. Ogni volta che sbagliava, ricominciava da capo. E la gente impazzì dal ridere. Senza volere, quella sera, il bambino impacciato inventò Massimo Troisi». —
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