Le sfaccettature degli italiani raccontate da Severgnini: «Siamo bravi in molte cose»
Lo scrittore nell’azienda dei fratelli Pittaro a San Martino «Produciamo il vino con maestria. Negli States ci amano»

Pordenonelegge, nell’attesa delle cinque giornate di resistenza letteraria – dal 13 al 17 settembre – invita il pubblico in cantina (oggi nell’azienda vitivinicola Pitars dei fratelli Pittaro a San Martino al Tagliamento, alle 20.30) per un appuntamento molto tricolore con Beppe Severgnini, scrittore ed editorialista del Corriere della Sera, autore di “Neoitaliani. Un manifesto”. Ovvero 50 motivi per essere italiani, Rizzoli editore. Con Alberto Garlini, curatore di pnlegge.
E la formula dell’incontro sarà piuttosto originale, come spiega lo stesso giornalista: «Ho pensato a una specie di “Book Juke-Box”, così il pubblico potrà farmi delle domande specifiche scorrendo l’elenco dei cinquanta punti. Alle quali risponderò puntualmente. Così saranno gli spettatori a diventare protagonisti».
Il nostro Paese, uscito dagli anni pandemici, si è proiettato con slancio verso l’ennesima rinascita della sua Storia: Severgnini, è ancora ottimista sul popolo due stagioni dopo l’uscita del suo saggio?
«Le dirò, sono un po’ meno speranzoso di allora. Ero convinto che il concetto di lavorare assieme stesse funzionando, invece rientrata l’emergenza è scattato l’egoismo, fra tanti vizi. Basta raggiungere una spiaggia qualunque per osservare, indignati, gli scontri fra bagnanti per un ombrellone. E capisci che qualcosa è andato storto».
Riscriverà il libro?
«Mi piacerebbe farlo, ma comunque resto un italiano orgoglioso. E fiero di essere finito sugli scaffali delle librerie americane col titolo di “Italian lessons”, il mio quinto volume a volare l’Oceano. Negli States ci amano perché sanno che molte cose le sappiamo fare bene».
Tipo?
«Restando nel settore del vino, onorando il luogo che ci ospiterà, noi oltre a produrlo con maestria, lo sappiamo pure bere bene, nella stragrande maggioranza dei casi, sia chiaro, tanto da poter trasferire la nostra competenza in America e nel Nord Europa».
In realtà oltre i confini ci vogliono bene. Mi scappa un: siamo abili nel fregare o illudere il prossimo?
«Non userei né fregare e né illudere. Dalla nostra ci stanno dei vantaggi. Primo: non essendo stati a lungo un Paese coloniale non ci portiamo dietro gli scomodi strascichi storici e poi possediamo talmente tante meraviglie d’arte e d’intelletto da meritarci quel bene. E, quindi, l’Italia evoca pensieri belli, non certo viene in mente a chi ci giudica la manovra del governo o le beghe di Montecitorio. Ed è sempre stata la nostra fortuna».
I media in tempi difficili hanno contribuito a diffondere la paura più di quanta già c’era?
«Credo che l’informazione sulla pandemia e sui disastri climatici sia stata corretta, ciò che invece noto con disappunto è l’esasperazione della cronaca nera e delle tragedie. Siamo andati davvero oltre, amplificando, rimpallando, sottolineando con veemenza fatti che evidenziano in quale società di farabutti viviamo. E questo sballa la percezione della realtà. Esiste, grazie a Dio, anche tanta brava gente».
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