«Le parole di Papa Francesco piú forti di una scomunica»

Alessandro Barbero domenica al Teatro Nuovo con il libro sulle bolle papali Il potere assoluto dei pontefici del Medioevo e la “rivoluzione” di Bergoglio
Di Mario Brandolin

di MARIO BRANDOLIN

Come parla un Papa, come comunica? Quanto peso ha il suo linguaggio quando nelle encicliche, nelle bolle, nelle lettere pastorali o nelle omelie urbi et orbi si rivolge alla cristianità, quando non all’umanità intera? È possibile dedurre dal tono e dalle espressioni usati il grado di autorevolezza o meno della sua leadership nella Chiesa e nel mondo? e quanto dicono del ruolo che la Chiesa intende esercitare? A tracciare un profilo storico di come si è strutturato nel corso dei secoli il linguaggio dei papi, e di conseguenza l’importanza che questi hanno avuto, un libro agilissimo, ma non per questo meno documentato e profondo, dello storico medievalista, ma anche scrittore e divulgatore televisivo (Superquark, Il tempo e la storia), Alessandro Barbèro. “Le parole del Papa: da Gregorio VII a Francesco”, questo il titolo che sarà anche oggetto della lectio che Barbèro terrà domenica alle 11 al Teatro Giovanni da Udine, secondo dei tre appuntamenti con la Storia organizzati dall’editore Laterza nel capoluogo friulano. Gli abbiamo chiesto perché questo libro, in questo momento.

«In realtà è del tutto contingente, ed è un caso, almeno che non sia la Provvidenza (scherza), che proprio in questo momento si stia parlando così tanto del linguaggio di Francesco. In realtà il libro nasce dal fatto che se fin da quando ero studente ho deciso di occuparmi di medioevo, lo devo al fascino per il linguaggio medievale, la sua libertà, la franchezza, che si ritrova nelle bolle papali dove c’è una sorprendente libertà di parola, in un’epoca che tra tanti difetti non ha quello dell’ipocrisia, che sarà poi il vizio dell’età moderna e ancora un po’ il nostro. Ho pensato di confrontare le bolle dei papi medievali con quelle dei loro successori, e ho visto che funzionava, che ne veniva fuori un percorso rivelatore». Al punto che, vista la forza con cui i vari Gregorio VI (contro Enrico IV, quello di Canossa), i Gregorio IX (che a Federico II nel 1239 ricorda che la proprietà è un furto e le classi nobiliari sono opera del demonio), tenevano testa al potere politico, viene da chiedersi se quel tipo di forza la si riscontra poi in tempi, successivi.

«Tale e quale non la si ritrova più, e del resto non lo rimpiangiamo neanche. Però certamente c’è una parabola, nel senso che questa forza dei papi medievali e rinascimentali dipende dalla loro assoluta convinzione di essere chiamati al governo del mondo. E poi invece c’è una discesa verso il basso nel come i papi parlano al mondo nell’epoca moderna, quando la riforma protestante prima e l’illuminismo poi, mettono in discussione questo presupposto. E questo lo si vede nel loro linguaggio, molto sulla difensiva se non addirittura verso la lagnanza per il fatto che il mondo non li ascolta più. C’è quindi una risalita a partire dalla fine dell’800, ma non torna all’enorme sicurezza di sé dei papi medievali. Papi come Giovanni XXII e Paolo VI parlano con l’autorevolezza di chi sa di interpretare i veri bisogni del tempo, di tutta l’umanità, ma senza più intimare, maledire, scomunicare...».

E veniamo a Francesco, oramai lo si chiama così, non più Sua Santità, Santo Padre, Pontefice... «Diciamo subito che il papa è tornato a fare notizia. Anche per parole che a volte sconcertano, dal momento che la Chiesa dell’800 e ’900 ci aveva abituati a un linguaggio molto prudente. E anche se Giovanni XXIII E Paolo VI hanno parlato dei problemi del presente con un linguaggio assolutamente adeguato e moderno, mai è stato così scioccante come quando Francesco ha usato espressioni quasi gergali come “tirare un pugno” o “fare casino”. D’altra parte mi sembra di sottolineare che Francesco usa espressioni forse più scioccanti di quelle citate e che molti non colgono nella gravità delle loro implicazioni, come quella usata giorni fa a proposito della “ecclesia semper reformanda”...».

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