Alois Brunner, l’ombra del male al Mittelfest di Cividale

Il Festival al via con lo spettacolo dedicato a uno dei più pericolosi gerarchi tedeschi. Il regista Omar Elerian: «Una storia vera che racconta che il nazismo è vivo»

Fabiana Dallavalle
Wael Kadour e Mohamad Al Rashi, i protagonisti di The Long Shadow. A destra il regista Omar Elerian
Wael Kadour e Mohamad Al Rashi, i protagonisti di The Long Shadow. A destra il regista Omar Elerian

È davvero lunga e spaventosa l’ombra del male generato dagli uomini. “La lunga ombra di Alois Brunner” (The long Shadow of Alois Brunner), di Mudar Alhaggi, è in scena venerdì 18 luglio a Mittelfest, alle 19, nella Chiesa di San Francesco a Cividale, con la regia di Omar Elerian.

Lo spettacolo in prima nazionale «unica data italiana», ci anticipa il regista, «dopo otto mesi di repliche», si annuncia come un appuntamento di punta del festival sia per la caratura degli attori protagonisti, Wael Kadour e Mohamad Al Rashi, sia per la storia che racconta.

«L’autore Alhaggi reinterpreta drammaticamente per il teatro quello che è successo nella sua vita», approfondisce ancora Elerian . «Mentre ha cominciato a ricercare la storia di Alois Brunner è entrato in una fase di ridiscussione delle proprie origini, del proprio percorso e questo è stato drammatizzato all’interno del testo. L’autore non è scomparso come accade in scena, si tratta più di una scomparsa simbolica, psicologica. Il testo è dunque molto autobiografico ma anche con un livello di fiction all’interno».

Per Elerian si tratta di una seconda volta con Mudar e con il Collettivo Ma'Louba. «Le idee partono sempre dall’impianto drammaturgico dato da Mudar, sul quale poi mi invita a collaborare anche insieme agli attori. Abbiamo debuttato nell’autunno del 2023 a Lipsia. Io non sapevo chi fosse Brunner prima che me ne parlasse. Mudar ed è stato molto interessante scoprire quello che è successo dopo la Seconda Guerra Mondiale, la salita al potere di al-Assad, e scoprire che uno dei gerarchi nazisti più pericolosi fosse di fatto uno dei responsabili della creazione del sistema di polizia segreta e di oppressione che ha tenuto in scacco la Siria nei sessant’anni successivi. E nel quale anche i siriani, quando Assad è capitolato sono stati vittime».

Una storia vera che diventa teatro e spiega bene, se ce ne fosse bisogno, che il nazismo ebbe ed ha ancora vita. «Purtroppo, i nazisti, lo dico in modo un po'’ forte, possedevano un know out che era trasferibile in altri contesti. La storia di Brunner e questo viene spiegato durante lo spettacolo, è quella di chi entra nella ristretta cerchia del potere del regime siriano e che poi viene lasciato da parte. Brunner è infatti morto in un carcere, uno di quegli stessi carceri che aveva contribuito a costruire ed è morto completamente dimenticato dal governo».

Il regista Elerian è un palestinese della diaspora, i nonni, genitore del padre, nel 1948, hanno dovuto lasciare la Palestina. «Io sono nato in Italia ho un passaporto italiano. Ho il privilegio di non aver mai vissuto l’oppressione e la segregazione che vivono i Palestinesi nella loro terra. Questa è una premessa fondamentale. Non mi arrogo il diritto di parlare in nome dei Palestinesi. Questo è uno spettacolo molto personale per Mudar e che ha a che fare con la storia della Siria e la sua storia di rifugiato dalla Siria in Germania dopo lo scoppio della guerra civile nel 2011. Noi abbiamo cominciato a provare il 9 ottobre del 2023 quindi due giorni dopo il 7 di ottobre e quello che stava succedendo a Gaza, in Palestina e in generale nel Medio Oriente fa parte del contesto con cui ci si confronta in maniera quotidiana chiunque abbia o una discendenza o una famiglia ancora in quella parte del mondo. Lo spettacolo è nato in Germania e presentato a un pubblico tedesco o di espatriati siriani. Ha riaperto il discorso su quello che è stata l’influenza del Nazismo in parti del mondo dove si pensava che non fosse arrivato».

«La lunga ombra di Alois Brunner – conclude il regista – è uno spettacolo di nuova drammaturgia contemporanea. Con Mudar abbiamo un interesse nel metateatro, mettere in scena un testo che metta in discussione l’impianto teatrale e di fiction teatrale cercando di dare al pubblico la stessa percezione che può avere l’autore o il protagonista nell’essere perso all’interno di un limbo dove vivono le persone che hanno avuto una storia simile alla sua e sono diventati rifugiati. Mudar è un cittadino tedesco ma la sua storia è stata recisa. C’è un prima e un dopo e un time line su cosa sarebbe successo se non avesse lasciato la Siria . E con questo mi trovo anche a confrontarmi per la mia storia personale».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto