«L’amore di coppia? Finalmente a teatro lo raccontiamo con musica e video»
Gaia De Laurentiis in scena per cinque date con Max Pisu
“Come sei bella stasera”, i 29 anni di una storia in saliscendi

GIAN PAOLO POLESINI
Solamente Anna e Paolo: una coppia che da ventinove anni lotta per la sopravvivenza, cade e si rialza nell’usuale alternanza amorosa che disarciona certezze e alimenta speranze. Un teatro dell’oggi necessario a smuovere l’immaginazione.
Per l’Ert, e le date sono ben cinque (il 3 dicembre a Lestizza, il 5 a Tolmezzo, il 6 a Casarsa, il 7 a Premariacco e l’8 a San Daniele), farà un corposo tour regionale la commedia “Come sei bella stasera” di Antonio De Santis (l’autore di Alex e Franz) con Gaia De Laurentiis e Max Pisu. Regia di Marco Rampoldi.
Gaia, un uomo e una donna santificano la loro unione, che ha quasi trent’anni. Chi sono in realtà i vostri alter ego?
«Due umani qualunque, nonostante loro due insistano a definirsi diversi, appartengono al ceppo comune: le dinamiche sono sempre le stesse per tutti e non si fugge dalla regola. Seguirete i ragazzi attraverso un percorso quasi trentennale che ha istigato la spensieratezza degli esordi e gli entusiasmi di un incipit emozionale per poi imboccarne un altro sulle montagne russe di chi accudisce dei figli, perde gli spazi, cerca l’intimità fino ad arrivare all’inevitabile stanchezza. Per quanto ci riguarda Anna e Paolo arriveranno a un finale da vivere veramente lontano dai luoghi comuni».
Il drammaturgo, stavolta, è uno abituato a misurarsi col terzo millennio. Finalmente, diremmo. Anche per svincolarci un attimo dal dominio degli imparruccati del passato.
«Antonio ha una penna saggia e abituata a inseguire l’ironia e non c’è mezzo migliore per sensibilizzare il pubblico con una tematica contemporanea che vive di trionfali sentimenti e di drammi rosso sangue. Originale, poi, la scelta del regista Rampoldi di accompagnare lo scandire del tempo con dei videoclip musicali, ognuno con la sua bella canzone dell’epoca con tanto di data in evidenza, così chiunque potrà riassaporare il suo personale Amarcord».
Ora: con sincerità mi sveli il suo pensiero sull’amore al tempo del cellulare.
«Oddio. Non saprei. Dunque: il problema con più evidenza è l’incomunicabilità e non solamente nella coppia. Il non capirsi appartiene a una società poco incline all’ascolto. Mi sembra ormai un caso irreversibile e non ho la più pallida idea di dove finiremo. L’urgenza è un lavoro su noi stessi».
Pensa mai a come si stava una volta? Paradigmi diversi, forse, e lo scontro risulta inutile. Che ne dice? Ah, ci siamo dimenticati di un rispetto in netto calo.
«Guardi, le sta parlando una donna che ha avuto quattro figli da tre uomini diversi, quindi posso ben incarnare il prototipo di femmina emancipata che lavora, tira su i bimbi e cambia rotta quando qualcosa non le torna. Bisogna dedicare più energie all’ascolto dell’altro e quando ci si ritrova tutti e due davanti a una falla è fondamentale applicarsi per aggiustarla. A volte riusciamo, a volte no. Nel caso “no”, con civile atteggiamento, ci si lascia. Senza melodrammi: la vita è una continua alternanza di emozioni. Viviamole tutte».
Momento delicatissimo quello che il mondo sta affrontando: una lotta robusta alla violenza.
«È stato sempre un argomento caldo in ogni età dell’esistenza. Adesso se ne parla di più, e — dunque — dovremmo essere speranzosi. La famiglia si deve occupare della formazione dei propri figli. Credo che un’educazione corretta abbia sempre un merito, ovvero le indicazioni dei genitori».
Facciamo una strambata improvvisa come fossimo su Luna Rossa. Le faccio due nomi importanti della sua carriera: Giorgio Strehler e Walter Chiari.
«Grandi uomini, innanzitutto. Partirei da Strehler: cominciai a muovermi al Piccolo e Giorgio mi fu maestro e padre. Di una sensibilità fuori dagli schemi, inimmaginabile. È vero, ogni tanto s’infuriava, ma quando voleva lodarti ti portava in Paradiso. Con Walter lavorai in tv: avevo una piccola parte in “Capitan Cosmo”, ma lui mi trattò da protagonista. A proposito del rispetto».
Un ricordo di “Target” e di “Ciro, figlio di Target”?
«Allora mi sembrò che la televisione stesse per decollare. Fu un’illusione: poi s’inabissò. Adesso la bella tivù la fanno i giornalisti».
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