L’albero delle matite: Ada Iuri descrive in un libro 44 anni di insegnamento

La presentazione giovedì alle 18 in Biblioteca comunale. «Scrivere era l’unico modo per dimostrare la mia riconoscenza ai bambini»

Fabiana Dallavalle
Ada Iuri
Ada Iuri

Sarà presentato giovedì alle 18 in Biblioteca comunale di Lignano Sabbiadoro, alla presenza di Giovanni Barberis, Ervino Drigo, Luca Fanotto, Ivana Battaglia, “L’albero delle matite” (Gaspari editore), secondo libro di Ada Iuri, insegnante, già assessora alla cultura del comune di Lignano. Ambientato tra Forni Avoltri, Cividale, il Natisone e il collegio delle Orsoline, Lignano, le colonie e il mare, l’albero delle matite è un inno alla libertà dei bambini e alla bellezza dell’insegnamento.

«Era nato come un libro, un testo unico. Poi mi è stato consigliato di dividerlo in capitoli autonomi, da leggere anche separatamente. Tra loro è presente il progetto dell’albero delle matite, in pratica un’unità didattica sperimentata con i bambini di Lignano della scuola primaria. Il disegno di Giovanni Barberis (in copertina) lo illustra splendidamente».

Un libro costruito con delle “unità didattiche”, adatto alla lettura degli addetti ai lavori, gli insegnanti, però con un respiro più ampio perché documenta la sua esperienza di 44 anni da maestra, con un approccio metodologico speciale per lavorare con i bambini...

«Scrivere era l’unico modo per lasciare una traccia e per testimoniare la mia riconoscenza verso i bambini che ho incontrato a scuola nelle aule e mi hanno aiutata e sorretta e verso gli adulti che ho incontrato nella mia vita e mi sono stati accanto: insegnanti, genitori, imprenditori.

Quanto della sua vita da bambina ha influito sul suo modo di essere un’insegnante?

«Non ho scritto con l’obiettivo di insegnare qualcosa a qualcuno. Però volevo restasse che, pur essendo stata una bambina molto vivace, in contraddizione con il mio comportamento ribelle, il lavoro, lo studio, i compiti sono sempre state attività premiate, in cui riuscivo bene. Nel mio lavorare da adulta ho sempre considerato questo aspetto: anche un bambino con difficoltà nel comportamento o nell’emotività può conseguire risultati positivi se “visto” dalla sua insegnante».

Nel suo metodo di lavoro ha aperto “molte porte” ai suoi bambini attraverso un approccio metodologico che interessava gli alunni a diverse esperienze culturali.

«Ho sempre insistito, e per questo osservo la scuola di oggi con qualche dubbio, che il coinvolgimento partecipe di un bambino nell’esperienza in aula, al cinema, nel teatro, nella musica, nell’arte sono immagini, impressioni, emozioni che rimangono dentro a quel bambino più che tre ore di studio. Quando un bambino già in quarta elementare comincia a sentir parlare di Kandinskij o di Picasso arriva alla secondaria che ha già delle conoscenze ma soprattutto con il background che ha nell’anima, ha una “scorta” per tutta la vita».

Nel suo libro la scuola è vista come una finestra sul mondo. Le manca?

«Sì, però sono fortunata perché quasi ogni giorno ho contatti con ex studenti e ex colleghi. Mi manca perché ho insegnato tutta la vita». 

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