«La vera storia di Peter Pan soldato ungherese del 1918»

Si chiamava Peter Pan, sul serio. Era un soldatino ungherese nato nel 1897 in un paese che non c’è e trafitto sul Grappa (che vuol dire “uncino” in un antico idioma) nel ’18. Riposa a Bassano. E sulla lapide, semplicemente, Peter Pan. James Matthew Barrie, che proprio alla fine dell’Ottocento disegnò il bimbo volante con la piuma sul cappello, di certo non s’ispirò al vero ragazzo dell’Est, sebbene troppe similitudini uniscano i due. L’autore è scozzese, l’altro agisce nel centro d’Europa, intanto. Comunicazioni difficili se non impossibili, allora, e mai avrebbe potuto lo scrittore rubare un nome qualunque da non si sa bene quale lista. Ian Fleming per avvolgere il suo 007 con un’identità seducente, sfilò quella del vero ornitologo James Bond, è noto. Ma questo è davvero un curioso caso.
Be’, talmente succoso da diventare prosa. Per capire il come e ascoltare le diverse tonalità di una pièce firmata da David Riondino e con le improvvisazioni di Massimo Ottoni toccherà aspettare stasera, alle 22, sulla Diga Nazario Sauro di Grado. Atto primo di Lagunafest (ci sarà un prologo alle 21: “Eppur si beve” in tinta con “Foord&War” il tema di quest’anno) risorta sulle ceneri di Lagunamovies, uno dei festival più arieggiati della regione, nel senso di gran movimento di interessi vari con il cinema a fare da fulcro.
«Suggestioni che ti convincono a salire su un palcoscenico - racconta Riondino - difficile resistere a non affettuosamente saccheggiare una vicenda reale che ha gli identici contorni di una virtuale. Cercheremo di restituirvi le stesse nostre emozioni. Io con la lettura e Massimo con i suoi incredibili quadri di sabbia. L’immaginazione è dominante, ben poco sappiamo del giovanotto Peter se non indizi. Quando lo raccolsero dal campo di battaglia gli trovarono nelle tasche una manciata di sassi, una conchiglia e dei fiori secchi. Il resto ce lo mette l’arte, come sempre». È un echeggiare di memorie, il centenario della guerra grande ha costretto a una collettiva riapertura dei bauli. «Abbiamo rimosso, ormai, l’idea del conflitto armato - spiega l’attore - siamo, però, le riconosciute linee arretrate di battaglie lontane in Israele e in Ucraina. La mia è una generazione fortunata, forse i ragazzini di oggi torneranno a combattere. Certo, altri nemici ci assillano, uccidono senza sganciare bombe vere. La nostra identità non è più fisica, bensì fiscale». Si fa una passeggiata serena nelle lande italiche. E il compatriota Renzi? «Cosa vuole che le dica, un avventuriero come ce ne sono tanti. Il guaio è la mancanza di alternative in questa società di mercato». Il teatro, meno male, va avanti. Sonda, analizza, riflette. Ci sbagliamo oppure lei è meno comico di un tempo? «Forse non tutto è così ben pubblicizzato. Ho un repertorio ampio e la risata resta comunque il supporto prediletto. Faccio coppia con Vergassola, ecco, le basti il soggetto per convincerla. Poi, certo, il momento è oscuro. Non c’è vivacità intellettuale. Ha sentito di una qualche avanguardia? Nessuno se la inventa, la paura di deragliare è forte e si sale volentieri sul tram ancorato ai binari. Così il capolinea è stabilito senza sorprese».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto