La tv tedesca a Sedegliano per raccontare Glauco Venier

UDINE. A pochi mesi dalla consacrazione di “Miniatures”, l’album in piano solo e percussioni pubblicato dalla prestigiosa etichetta Ecm di Manfred Eicher, Glauco Venier raccoglie i frutti sostanziosi del suo buon seminare.
Lui, l’artigiano, il contadino del suono, la cui musica lo porta a calcare palcoscenici importanti d’Europa e del mondo, parte, ritorna, riparte e ritorna sempre alla sua Gradisca di Sedegliano.
Miete ovunque consensi, successi, apprezzamenti unanimi, ammirazioni. Ma lui, antidivo per antonomasia, vero senza orpelli, ringrazia, sorride e lascia che a parlare sia la sua musica, la sua arte, capace di toccare i punti più reconditi dell’anima. E ritorna a bottega.
“Miniatures” conferma, come da oltre un decennio ormai, la sua carriera di pianista compositore tra i più affermati nella scena jazz e contemporanea, anche se a lui non piacciono le etichette.
«La musica è musica», dice. Il suo nome e il suo stile risuonano ovunque, meglio nelle chiese, sacre o sconsacrate, in luoghi pieni di spirito, raccolti, nella natura, dove gli piace suonare. «Sta tutto in natura, da sempre. Anche la musica».
La sua si riverbera tra gli applausi del pubblico, nelle ottime recensioni della stampa internazionale e nelle interviste radiotelevisive di rinomate emittenti. Succede anche con “Miniatures”. Tanti i commenti da testate italiane, inglesi, americane, tedesche, francesi.
Unanime il giudizio: un capolavoro. Reviews Music, Jazz Thing, The Irish Time, Musica Jazz, Jazzman, Jazz Zeitung, Classical Lite, Jazz Views e molte ancora. Non da ultima la nota rivista tedesca Stern, che ha attribuito all’album il massimo del giudizio: cinque stelle su cinque.
Non mancano i programmi e i documentari, come poco tempo fa, quando la troupe di “BR Klassik”, il programma culturale più seguito in Baviera, è arrivata da Monaco fino a casa di Glauco per una lunga intervista nei luoghi a lui cari.
Dallo studio di casa alle cortine medievali, fin la chiesa di Santo Stefano dove per la prima volta, bambino, mise le mani sui tasti dell’organo Zanin. Poi al Tagliamento, fiume caro a Glauco che ama l’acqua, come le isole di Barbana e Sant’Andrea, amate da Pasolini, Giacomini, Turoldo, che più volte ha musicato.
Con il debutto live di “Miniatures” a giugno, nella Sinagoga di Gorizia, dove la spiritualità del luogo e il calore del pubblico erano tutt’uno con lui, il pianoforte e le sculture di Celiberti e Bertoia, ha preso il via una lunga tournée sbarcata oltremanica e oltreoceano.
Dopo l’omaggio a Pasolini all’Unipol di Bologna, con Giuseppe Battiston e Mario Brunello, il Ravello Festival, il Festival di Feltre, il No Borders Music Festival, il PercFest di Laigueglia, i laboratori-concerto del progetto L’Insiúm, solo per dirne alcuni, a settembre Glauco Venier ha suonato al Mapo Art Center di Seoul, al Pitt Inn di Tokyo, anche l’Università Normale di Pisa lo ha scritturato per un concerto e il 16 novembre si esibirà alla Cadogan Hall di Londra, assieme a Klaus Gesing e Norma Winstone.
Con loro ha registrato quattro dischi, tre targati Ecm. Un altro per la stessa maison è di prossima uscita, ancora top secret.
«Lavorare con loro è una gioia. Ci siamo conosciuti qui in Friuli e suoniamo insieme da 17 anni. Sono grandi professionisti, estro e invettiva personalissimi.
Ogni concerto con loro è un viaggio nel viaggio, sempre diverso». Ci sono poi gli amici da poco scomparsi, e il pensiero va a Toots Thielemans.
«Ho avuto l’onore di conoscerlo nel 2009, di frequentare la sua casa a Bruxelles e di suonarci insieme più volte, come al Blue Note di Milano. Ho bellissimi ricordi. Toots era “La Musica”. Uno che lo stile lo aveva nei polmoni. Gli devo molto. Immortale, una preziosa fonte d’ispirazione».
Vola intanto “Miniatures” e il nome non tradisce l’evidenza. È un’opera – si può dirlo – grande.
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