La storia dello scienziato Tesla, l’inventore oscurato dai soldi

Al teatro Ristori a Cividale in anteprima assoluta lo spettacolo del Css Un omaggio al genio serbo il cui nome ora è diventato un brand commerciale

Mario Brandolin

Tesla Electric Company, uno degli spettacoli più memorabili passati a Mittelfest, fece il suo trionfale debutto il 19 luglio del 2006 al Giovanni da Udine in una versione visionaria e immaginifica pensata e diretta dal grandissimo Tomas Pandur.

Uno spettacolo indimenticabile che metteva a fuoco i nervi scoperti, le debolezze interiori, le frustrazioni e le delusioni di uno scienziato, Nikola Tesla, di cui pochissimo si sapeva allora, almeno in Italia. Poi Tesla è diventato il nome di una macchina, un brand commerciale del più puro e sfacciato capitalismo, ma temiamo che ancora ben poco si conosca di lui e della sua tristissima vicenda.

Una vicenda che la dice lunga sul rapporto tra scienza e capitale, tra colui che inventa per il bene dell’umanità e chi invece su quelle invenzioni macina soldi a palate e del bene comune se ne impippa. Per cui ben venga Tesla, lo spettacolo della giovane attrice serba ma naturalizzata italiana, friulana anzi!, Ksenija Martinović e di Federico Bellini, solo coautore.

Lo spettacolo in calendario oggi alle 19 al teatro Ristori è frutto di una coproduzione tra il Css di Udine e La Contrada di Trieste e prosegue quell’indagine sul rapporto tra scienza e potere che Martinović aveva già brillantemente affrontato in Mileva, sulla sfortunata moglie di Einstein di cui si fatica ancora a riconoscere il contributo dato alle teorie del marito.

Nikola Tesla nacque a Smiljan, oggi in Croazia, nel 1856, ma da genitori serbi (per anni Serbia e Croazia si contesero la cittadinanza di Tesla, per questo forse a Zagabria nel centro storico campeggia una bella statua dello scienziato e a Belgrado c’è il museo a lui dedicato con l’urna con le sue ceneri) e morì preda di un forte esaurimento nervoso in povertà a New York nel 1943.

«Il mio Tesla – racconta Ksenja Martinović – parte dalla mia infanzia serba, quando bambina frequentavo il museo Tesla a Belgrado, perché la mamma della mia più cara amica ne era la direttrice ed ero affascinata da tutti i marchingegni che riproducevano gli esperimenti dello scienziato, in particolare la macchina dei fulmini. Per cui questo lavoro è anche un modo per raccontare di me».

Ma il Tesla scienziato fregato clamorosamente dal capitalista J.P.Morgan?

«Certo c’è anche questa parte della storia di quest’uomo infelice e sfortunato inventore, tra le altre cose, della corrente alternata per cui è abbastanza conosciuto. Meno invece si sa di quello che era il suo progetto più ambizioso: la torre Wardenclyffe, quella che sarebbe potuta essere la svolta epocale per l’umanità, produzione di energia elettrica gratuita per tutti e in ogni luogo. Perché quasi al termine del lavoro, si vide rifiutato un ultimo finanziamento dal più grande banchiere dell’epoca, J.P. Morgan. Il tutto documentato da lettere di Tesla e da articoli dell’epoca, che abbiamo consultato e in parte utilizzato».

E la Ksenja performer che conosciamo, che mette in campo il suo corpo come elemento forte del racconto?

«Lo spettacolo ha una forte performatività sin dall’inizio, ma è il terzo quadro quello in cui si fa largo uso di un linguaggio fisico coreutico contemporaneo, le coreografie le ha curate Matilde Ceron, per portare lo spettatore a riflettere a su che cosa è oggi Tesla».

Ecco che cos’è, oltre la macchina inventata da Musk e diventata il simbolo del turbo capitalismo odierno? «È l’esempio di come certi ingegni finiscono stritolati nella maglie degli interessi finanziari e politici. È la parte più politica, anche se non c’è nulla di didascalico, affidata soprattutto al mio corpo che diventa macchina e produttore di energia, quasi fosse una creazione stessa dell’inventore. Il tutto anche in rapporto con alcuni oggetti, una serie di microfoni a suggerire la torre Wardenclyffe, e un tessuto sonoro, firmato da Antonio Della Marina, che accompagna lo spettacolo e che si riallaccia al fatto che Tesla tutti i suoi esperimenti li collegava ai suoni».

Nello spettacolo di Pandur quello che veniva allo scoperto era la fragilità, emotiva sentimentale sessuale, che faceva di Tesla un personaggio introverso, solo, timido. È da questo punto di vista, tu e Bellini che vi siete regolati?

«Tesla è un personaggio talmente ricco di spunti, per cui ogni narrazione su di lui ne affronta aspetti diversi. Nel nostro caso abbiamo lavorato molto partendo dall’autobiografia dove racconta tantissimo di che cosa è un inventore. Per cui ci siamo molto concentrati sull’invenzione, sulle sue capacità di relazioni e di come invece da queste ne viene fuori malconcio. È forse un taglio più politico quello che abbiamo dato al nostro Tesla».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto