La Storia della Carnia tra mille sopraffazioni: dai Turchi a Venezia, alle guerre mondiali

UDINE. La bellezza avara e difficile della montagna friulana e la tenacia “eretica” dei suoi abitanti: sono loro a emergere nella prima “Storia della Carnia” scritta nel nuovo millennio. Un’opera ambiziosa, sintetica e completa al tempo stesso, che si deve all’acume di Iginio Piutti, già sindaco di Tolmezzo, saggista e romanziere, e soprattutto insegnante.
A questo deriva l’impostazione divulgativa e piana, chiara e sempre agganciata alle fonti che contraddistingue questo libro, in arrivo in libreria grazie a Biblioteca dell’Immagine.
L’editore pordenonese, che continua una meritoria opera di approfondimento rieditando classici della storia friulana, ha aperto anche un focus particolare sulla Carnia. Dopo il “Viaggio in Carnia” di Giovanni Comisso, pubblicato l’anno scorso, stavolta tocca all’indagine di Piutti, sistematica esplorazione di un territorio che non prescinde dagli studi di Pio Paschini e Giovanni Marinelli, Carlo Guido Mor, Giorgio Ferigo e Furio Bianco, ma muove dichiaratamente dalla prospettiva di Giovanni Gortani, che certo parte dai fatti, dalle condizioni concrete in cui per secoli si sono mossi i carnici, ma ne indaga anche il patrimonio immateriale.
L’autore cerca quindi di ricostruire non solo una cronologia fattuale, ma – se esiste – anche l’anima del suo popolo. Che si trova nei documenti, nei libri parrocchiali, ma anche nei fiumi di latte che sono stati munti per secoli e nella sapienzialità antica delle mani che han lavorato legno e ferro in modo sublime, dando ciò che serviva al mercato interno ma esportando come “cramârs”.
E in tutte le leggende, dagli “sbilfs” alle “agane”, che popolano l’immaginario collettivo delle genti di queste montagne, e i riti – dalle “cidulis” alla “femenate” – con cui propiziano il proprio destino.
La ricostruzione parte dal dominio dei Galli Carni fino alla loro sottomissione e alla fondazione di Julium Carnicum in relazione con la strada per Monte Croce, prima passaggio obbligato per un Norico da conquistare, e poi percorso in senso inverso dai Barbari che calarono su un Impero in decadenza.
Quelli sono i secoli bui in cui la Carnia esce dalla storia. E più che sugli eventi di una Storia che non c’è, Piutti ha la forza di soffermarsi sulle fatiche quotidiane di chi doveva sopravvivere in un contesto ricco solo di boschi e di problemi. Ai primi pensarono i veneti, depredando il legname di pregio per il loro Arsenale; ai secondi invece non pensò proprio nessuno.
E così non restava che fare da soli. Per affrontare i duelli con la natura, scanditi da periodici sismi, pestilenze, carestie e alluvioni, e ricominciare sempre daccapo. Affidandosi a Dio (eloquente è la costruzione delle Pievi) ma anche organizzando la comunità secondo le tre “V” (valli, ville e vicinie), che marcano il territorio in modo inequivocabile.
Piutti esamina la storia di singoli borghi, notando come le innovazioni si siano spesso fermate al fondovalle. E pone giustamente un occhio di riguardo alla storia di Tolmezzo, che i Patriarchi “imposero” come “capitale” della Carnia, anche se i suoi rapporti con le altre comunità non sono stati mai facili.
Ovviamente non mancano il passaggio dei Turchi e i primi germi di eresia con relativi processi dell’Inquisizione, la rivoluzione manifatturiera del “fenomeno Linussio”, il ciclone Napoleone, Carducci e il comune rustico, le trincee e l’emigrazione, ma anche i Miracoli di Trava e molto altro, in un libro tutto da gustare e da discutere: fatto come la Carnia, che all’inizio magari ti tiene a distanza, ma poi ti stringe e non ti abbandona. —
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