La saga dei Beretta: Udine e quel sortilegio nel salotto degli specchi

Liliana Cargnelutti e il libro su una dinastia e i suoi palazzi La Casa della Contadinanza? Smontata e rifatta in castello

UDINE. A Udine non si butta via niente. Vecchio concetto, che vale anche per case, palazzi, elementi architettonici, demoliti da una parte e poi ricostruiti tali e quali da un’altra in una sorta di grande gioco. Emblematica (e speciale) la vicenda del “salottino degli specchi” di casa Beretta che a un certo punto (anno 1928) sparisce da via Vittorio Veneto e riappare, grazie a un sortilegio maghesco, nella Casa della Contadinanza, rifatta (pure quella) sul piazzale del castello dopo aver lasciato spazio al palazzo della Ras che si affaccia in via Rauscedo.

Ma non è l’unico caso di demolizione e ricostruzione nell’ambito cittadino. L’esempio piú clamoroso riguarda il Palazzetto Veneziano di piazza XX settembre, messo insieme con le pietre d’una abitazione che sorgeva in via Rialto, dove c’è ora il municipio. Sono appunto le stranezze di Udine che, a girarci, non fa venire certo un’indigestione mentale, ma pur sempre ricca di storie private e pubbliche capaci di offrire sorprese e incontri interessanti.

Come accade sfogliando un nuovo libro pubblicato dall’editore Gaspari che si intitola “Nobiltà cittadina. La famiglia Beretta dalle valli bergamasche a Udine” (130 pagine, 16 euro). L’autrice, Liliana Cargnelutti, vi propone un tassello importante e significativo, che ancora mancava, su una dinastia attiva da quattro secoli nella vita cittadina, con una presenza discreta, riservata, dedicata in gran parte al lavoro e, grazie ad alcuni prestigiosi esponenti, alla cultura e all’arte. I capitoli principali del libro raccontano appunto le opere di tali personaggi, precisando in maniera scrupolosa, come Liliana Cargnelutti sa sempre magistralmente fare nelle sue ricerche e pubblicazioni, i luoghi in cui vissero e agirono fornendo una mappa con curiosità e chicche, come appunto quella sul salottino spostato da qui a lí.

Anche i Beretta appartengono al gran numero di famiglie giunte da altre regioni o dall’estero. Nei secoli è stato un flusso continuo, incrementando economia e popolazione in una minuscola città che a metà Settecento non arrivava a 15 mila abitanti e cresciuta quando il patriarca di Aquileia decise di portare in riva alle rogge e ai piedi del castello la sua residenza.

I Beretta venivano dalle valli bergamasche dove commerciavano tessuti e lane. Erano lombardi anche i Caiselli o i Mangilli, altri nuclei inseritisi a Udine, come ancora i Torriani, questi ultimi però fuggiti a seguito della sconfitta subìta dai Visconti per il controllo di Milano. Torriani che si proposero alla grande portando tre loro rappresentanti al soglio patriarcale. E ancora dalla Toscana giunsero i Mannini, poi chiamati Manin.

In precedenza dalle Germanie si erano trasferiti i Colloredo e gli Strassoldo. Questo per ricordare che il mosaico udinese è nato come un insieme di genti, cui contribuirono tantissimo anche i veneziani.

Gio. Maria Beretta, mercante, fu il primo a mettere piede in Mercatovecchio nel 1634 venendo accolto sette anni dopo nell'ordine dei popolari. Tipo sveglio e attivo, acquistò nella attuale via Rialto un’area che era stata rovinata da un incendio, aprendo bottega e magazzino. Passo iniziale di una crescita culminata nel 1731 con l'ingresso tra i nobili della città. Fondamentali in tal senso anche le scelte patrimoniali e le strategie matrimoniali. A dar lustro al casato fu soprattutto Francesco Beretta, letterato, filosofo, collaboratore di Lodovico Antonio Muratori, padre della storiografia italiano.

Iscrittosi all’Arcadia con il nome di Xanto Salmonio, viaggiò molto all’estero, tessendo amicizie e relazioni, e pubblicò libri come il curioso “Lettera d'istruzione a una monaca novizia”, un trattato educativo e moraleggiante di moda all'epoca. E ancora si occupò di nobiltà e virtú, predicando modestia e temperanza. Altro bel personaggio fu Fabio Beretta, nato nel 1829, che ebbe importanti incarichi pubblici, tra cui quello di conservatore del civico museo e della biblioteca, succedendo a Vincenzo Joppi. Può essere ricordato in particolare come pittore di paesaggi bellissimi, come si vede nelle suggestive atmosfere di una inedita Grado ottocentesca.

Tutto da leggere il capitolo sulle residenze dei Beretta, tra via Rialto, via Savorgnana, via Prefettura e la contrada di Santa Maria Maddalena, attuale via Vittorio Veneto. Qui c’è il palazzo Beretta di cui si diceva, proprio dove si trova la libreria dell’editore Gaspari. Ed eccoci allora al “salottino degli specchi”, che si addentrava nella confinante Casa della Contadinanza. Nel 1928 l’assicurazione Ras acquistò quest’ultima area per costruirvi, su progetto di Ettore Gilberti, la sua sede, arretrata di tre metri rispetto alla strada. La Contadinanza venne cosí demolita e portata a pezzi in castello. Si pose però il problema del salottino. Che fare? Cancellarlo? Alla fine fu trasferito anche quello e al posto della porta che vi immetteva venne realizzato un balconcino, ora visibile dalla strada. La storia dei Beretta continuò fuori Udine, riguardando soprattutto la zona di Pavia dove nel 1696 venne acquisita una casa padronale, a Lauzacco. Nel tempo è diventata una bella villa di campagna in perfetto stile veneto con annesso l'oratorio, il cui altare verrebbe (scrive Liliana Cargnelutti) dal castello di Udine dove esisteva una cappella, accanto al salone del Parlamento, poi soppressa. Dunque, spunta un altro curioso capitolo sul “nomadismo” dell’arte in città. La bellezza udinese è anche questa.

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