La rinascita del Friuli dopo la Grande Guerra: lo Stellini divenne «un faro per le menti e i cuori»

Venerdì, 17 gennaio, per iniziativa de Gli Stelliniani, l’Associazione degli ex-alunni del liceo classico Jacopo Stellini, presieduta da Andrea Purinan, saranno celebrati i cento anni della storica sede dell’istituto in Giardin Grande a Udine. E sarà presentato il volume “Polemos / Bellum / Guerra”, testo che commemora questa ricorrenza e offre nuovi spunti di riflessione sulla Grande Guerra.
Se l’Italia non fosse scesa in campo nella primavera del 1915, il palazzo eretto per volontà della Provincia di Udine sulla piazza allora denominata Umberto I, sarebbe stato sicuramente inaugurato sul principio dell’autunno per diventare la sede del Regio Liceo Classico (fino ad allora alloggiato nello stesso edificio dello Zanon in piazza Garibaldi), ma la grande storia, imprevedibile e capricciosa, aveva deciso diversamente, come si legge su una lapide apposta nell’atrio: “In questa tranquilla sede di classici studi dal Giugno MCMXV all’ottobre MCMXVII il Comando Supremo vigilò sull’ultima guerra massima e radiosa dell’italico Risorgimento”.
Il palazzo, costruito a partire dal 1913, alla fine del maggio 1915 fu occupato dallo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, che lo abbandonò il 27 ottobre 1917, e pochi giorni più tardi fu rioccupato dai vincitori della battaglia di Caporetto. E proprio perché sede degli alti comandi dei due eserciti, poté uscire quasi indenne dall’immane conflitto: una volta ripulito, e dotato dei mobili adatti all’insegnamento, poté finalmente diventare la sede di classici studi.
L’edificio fu inaugurato il 27 gennaio 1919, e grazie al Giornale di Udine del giorno 29, che riporta quasi integralmente il discorso pronunciato dal Provveditore agli Studi Giulio Antonibon, possiamo risentire parole gonfie di orgoglio nazionalistico per la recente vittoria, tese all’esaltazione di quanti si erano immolati pagando con la vita, e alla glorificazione dell’Italia, che salvò due volte l’Europa: «Prima con l’intervento, poi con la vittoria». In tal modo, afferma, è «iniziata una nuova era nella storia, nell’evoluzione del mondo; le idee di giustizia umana, di alleanza fra le nazioni, di punizione dei responsabili, di libertà dei mari, di autodecisione dei popoli, sono ormai profondamente penetrate nel cervello e nell’anima delle genti: Wilson le ha concretate lucidamente, Wilson le ha fatte deventare materia viva, egli, il dittatore morale della nuova era».
L’oratore ricorda poi i nomi di professori e alunni morti in guerra, e il Comandante vittorioso: «Il generale Diaz forse sarebbe lieto di partecipare a questa semplice cerimonia, che si fa in un locale illustrato dalla sua permanenza, quand’egli, generale di brigata, dispensava proprio qui in una stanza vicina i tesori della sua modesta bontà e del suo illuminato consiglio».
Antonibon esalta infine il ruolo della scuola, «segnacolo di un nuovo risveglio, poiché essa è il faro che illumina le menti e i cuori: essa prepara in segreto il sentimento eroico del difensore della patria e del diritto, sveglia l’amore del bene e pone i germi di una umanità più gentile».
L’inaugurazione dell’edificio e la ripresa dell’attività scolastica nella desolata Udine del gennaio 1919 rappresentò un importante segno di rinascita e di continuità: il Liceo Stellini, infatti, fondato nel 1808, fu per anni, accanto al Seminario di Udine, una delle due università umanistiche del Friuli, frequentata da giovani appartenenti alla classe dirigente.
Furono 26 gli alunni caduti nell’immane conflitto e due insegnanti: saranno ricordati domani, alle 17.30, al liceo.
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