La lunga storia delle fake news dagli untori ai sovranisti d’oggi
melania lunazzi
Le fake news sono sempre esistite e vanno incontro a un bisogno reale e innato dell’uomo di credere a minacce incombenti o ipotizzate alle quali cercare un capro espiatorio. Dimostrazione ne è il fatto che uno dei casi più famosi riportati dalla letteratura italiana sia l’appendice della Storia della colonna infame inserita nell’edizione del 1840 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Introdotto e moderato da Sergia Adamo, docente di Letterature comparate e teoria della letteratura a Trieste l’incontro “Dagli all’untore! Ieri e oggi” assieme a Massimiliano Panarari docente di Organizzazione del consenso e Marketing politico alla Luiss e David Parenzo, giornalista e conduttore televisivo e radiofonico (in particolare con la guascona “La zanzara” di Radio24) ha condotto la popolata platea della chiesa di San Francesco in un viaggio dal passato all’oggi nell’analisi di esempi significativi e ben radicati nella nostra cultura.
«La storia della colonna infame – così la Adamo – ha trascinato sotto tortura e alla gogna sulla pubblica piazza per nulla gli innocenti “untori” con un effetto domino. Dopo quella edizione Manzoni non pubblicherà più nulla di letterario, come se avesse trovato un nodo. Lo riprese Sciascia negli anni Settanta, citandolo come un grande libro e ricordandoci la nostra storia».
È andato ben più a ritroso nel tempo Parenzo, citando il Cesare del De Bello Gallico «gli uomini credono in ciò che desiderano e non in ciò che è vero» e la caverna di Platone, con il mito degli incatenati che possono vedere solo le ombre proiettate, essendo rivolti verso esse «proprio come i social network che sono balle autoreferenziali con gruppi autoreferenziali che riportano sempre le stesse notizie» per arrivare al grande falso del Novecento dei Protocolli dei savi di Sion, nati per suscitare sentimenti antisemiti. Ma l’incontro è stato l’occasione per Parenzo per ribadire quello che dovrebbe essere il vero lavoro del giornalista 4.0, citando anche molti esempi dell’oggi, dalla Lega di Umberto Bossi al sovranismo legato alle critiche all’Unione Europea. «Nel fare il mio mestiere mi sono sempre dotato di tre strumenti metaforici: la vanga, la bussola e il setaccio: la prima serve per scavare, la seconda per orientare il lettore contestualizzando la notizia e la terza per separare la sabbia dalle pepite d’oro».
Una fake news per attecchire deve rispondere a diversi requisiti: deve contenere una parte di verità e rispondere ad un bisogno: «Quando Bossi ha costruito il sovranismo nordista tra il 1992 e il 1994, aveva intuito che c’era una questione settentrionale: su questo ha inserito il suo storytelling di miti e riti. Con la crisi della Lega e l’arrivo di Salvini c’è stato lo spostamento del fucile puntato dalla direzione di Roma alla direzione di Bruxelles: si è così passati dal sovranismo padano al sovranismo europeo».—
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