Janos Lajos von Neumann, quando la scienza diventa follia distruttiva
Benjamin Labatut racconta lo scienziato ungherese. Domenica in San Francesco l’incontro moderato da Furio Honsell

Il sonno della ragione genera mostri, si diceva un tempo in cui la ragione era considerata il solo faro di civiltà per una giusta convivenza tra gli uomini e una corretta comprensione della natura.
E se invece fosse proprio la ragione nel pieno delle sue capacità e potenzialità a generare quei mostri che tanto inquietano ad esempio il nostro presente? Se fosse proprio la scienza, massima espressione dell’intelligenza umana a diventare il massimo di follia distruttiva?
John o i sogni folli della ragione si intitola il secondo portentoso capitolo dell’ultimo libro di Benjamin Labatut, Maniac, edito da Adelphi, finalista al Premio Terzani 2024 (oggi, domenica 12, ospite della conversazione con Furio Honsell alle 17.30 nella chiesa di San Francesco) dedicato allo scienziato ungherese Janos Lajos von Neumann, naturalizzato John in America dove emigrò nel 1937.
È stato definito l’essere umano più intelligente del Novecento, il più grande matematico del secolo, una mente mai doma, mai appagata, che andava oltre le sue stesse intuizioni e creature.
Partecipo con quel manipolo di “cavalieri ungheresi dell’apocalisse”, scienziati ebrei esuli in America, alla realizzazione della prima bomba atomica, fu cinico sostenitore del suo uso, ad esempio per un attacco nucleare preventivo alla Russia; lavorò a stretto contatto con le più alte autorità militari americane, tanto che quando il cancro che lo condusse alla morte nel 1957 fu insostenibile venne ricoverato al Walter Reed Army Medical Center sotto stretta sorveglianza di militari e scienziati incaricati a impedire a chiunque di avvicinarglisi magari per carpirgli qualche informazione o idea; contribuì in maniera determinante alla realizzazione della bomba all’idrogeno col suo spaventoso potenziale di distruzione e morte, i cui principi tecnico scientifici furono alla base del suo mitico Maniac (Mathematical Analyser Numerical Integrator And Computer), il primo computer, il cui sviluppo, da lui preconizzato, avrebbe portato a quella che è oggi l’Intelligenza Artificiale, a una macchina cioè in grado di operare e creare in piena autonomia come il nostro cervello.
Von Neumann fu figura geniale e una personalità molto controversa che Labatut ricostruisce con estrema abilità e fascinazione affidando il racconto alle testimonianze di coloro che ebbero a che fare con lui: suoi amici, collaboratori, anche detrattori come Niels Aal Barricelli,lo scienziato italo danese che per tutta la vita lo maledisse accusandolo di avergli sottratto gli studi sui numeri in grado di generare la vita, e ancora, la seconda moglie Klari e la figlia Martina.
Testimonianze che sposano il racconto delle peculiarità umane dei personaggi narrate a quello delle invenzioni e scoperte scientifiche a loro legate, che però non devono spaventare il lettore non avvezzo a simili argomenti, perché il fulcro della narrazione di Labatut è quello proprio di un letterato e romanziere di rango, che punta soprattutto all’umanità dei suoi soggetti, al senso profondo del loro lavoro per il destino dell’umanità.
Oltre a von Neumann Labatut dedica un capitolo, il primo,al fisico austriaco Paul Ehrenfest. Uno scienziato che visse fino in fondo, fino al suicidio avvenuto il 25 settembre del 1933 dopo aver sparato al figlio down, la crisi di una scienza, la fisica così come l’aveva sin lì intesa, minacciata da nuove regole come quelle della meccanica quantistica. Una crisi da cui non si lascerà invece travolgere von Neumann, che proprio da lì prenderà le mosse per le sue ricerche successive. Grazie alle quali si arriverà, lui morto, alla macchina in grado di generare l’Intelligenza Artificiale.
In particolare a quell’AlphaGo, che a sua volta travolgerà il sudcoreano Lee Sedol, sulla cui vicenda si chiude il bellissimo imperdibile volume di Labatut. È costui uno dei più grandi giocatori di Go, una sorta molto più complicata del gioco della dama, inventato in Cina più di tremila anni fa.
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