Omaggio a Italia Almirante Manzini: il cinema muto rivive a Pordenone
Le Giornate del Cinema Muto celebrano la diva dimenticata con “Zingari” e un ricco programma di proiezioni e masterclass

Quella di Italia Almirante Manzini è una storia che va riascoltata: un nome che un secolo fa riempiva le sale e che oggi pochi ricordano. A restituirle la scena sono le Giornate del Cinema Muto – inaugurate sabato sera con il “Cyrano” firmato da Augusto Genina, proiettato con lo straordinario accompagnamento musicale dell’Orchestra da camera di Pordenone in un Teatro Verdi di Pordenone al completo – che le dedicano un omaggio al via alle 21 con “Zingari” di Mario Almirante, musica dal vivo di Günter Buchwald, Elizabeth-Jane Baldry e Frank Bockius.
È il primo tributo (ci sono diversi suoi film in programma nel corso della settimana) a una grande attrice dimenticata, una donna che ha attraversato il cinema e il teatro con passione e intelligenza. Ammiratissima già negli anni Dieci del Novecento, Italia Almirante Manzini aveva tutto: fascino, talento, magnetismo. Ma soprattutto possedeva quella forza interiore che le permetteva di dare ai suoi personaggi una verità profonda, lontana dalle pose di molte dive del tempo. Nel celebre kolossal muto “Cabiria” di Giovanni Pastrone, dove interpreta Sofonisba, la sua figura domina lo schermo con intensità moderna, quasi inquieta. Era il 1914 e la sua carriera decollava. Prima del cinema, però, c’era stato il teatro, una scuola severa e appassionata che l’aveva formata al rigore e alla concentrazione. «Come si ride e come si piange nella vita, così si può ridere e piangere sul palcoscenico», dichiarava in un’intervista del 1924. Non un manifesto di stile, ma un modo di intendere l’arte: vera, viva, mai artificiale.
In “Zingari”, melodramma del 1920 prodotto dalla torinese Fert, Almirante Manzini dà corpo a una storia d’amore contrastata tra la figlia del re degli zingari e un uomo del clan rivale. Una trama che si regge interamente sul suo volto e sui suoi gesti: passione, fierezza, dolore. All’uscita, la critica la definì «vibrante, sincera, felina all’occorrenza”, riconoscendole il merito di “avvicinarsi alla vita, non solo all’arte».
Nel corso della carriera collaborò con i più grandi registi italiani del suo tempo – da Roberto Roberti a Gennaro Righelli, da Augusto Genina a Giovanni Pastrone – e con il cugino Mario Almirante, che la diresse in più occasioni. Scelse sempre ruoli complessi, donne combattute tra sentimento e destino, anticipando un’idea di femminilità libera e consapevole.
Nata a Taranto nel 1890, cugina di secondo grado del politico Giorgio Almirante, iniziò a recitare da bambina nella compagnia teatrale di famiglia. Dopo due decenni di successi cinematografici, tornò al teatro e poi intraprese una lunga tournée in Sudamerica. Si spense a San Paolo del Brasile nel 1941, non per il morso di un ragno velenoso – come vuole la leggenda – ma per una malattia.
«Con Italia Almirante Manzini vogliamo restituire vita e memoria a una delle più straordinarie attrici del suo tempo», afferma Jay Weissberg, direttore artistico delle Giornate. E in effetti, fra le luci del proiettore e le note dal vivo, il suo sguardo tornerà parlare ricordandoci quanto il cinema è capace di far rivivere anche ciò che credevamo perduto. Il programma oggi si apre alle 9 con il “Progetto Griffith alla Biograph” e “The Taming of the Shrew” (1908), adattamento shakespeariano di Griffith con Florence Lawrence, prima attrice accreditata della storia del cinema. Alle 10 spazio a Louis Feuillade e alla serie “La Vie telle qu’elle est”, quattro cortometraggi che segnarono un momento di svolta nella produzione Gaumont. Alle 11.30 la rassegna sulla Chaplin-mania propone “Father Was a Loafer” (1915), con Billie Ritchie, imitatore spigoloso del celebre Charlot, seguito da “The Blood Ship” (1927), cupo film d’avventura di George B. Seitz. Dalle 11 alle 13 al Ridotto del Verdi le Masterclasses di accompagnamento musicale, alle 13 ritorna il Collegium, confronto fra studiosi e giovani ricercatori. Alle 14.30 nuovi corti comici approfondiscono l’eredità artistica di Chaplin e dei suoi precursori e alle 17.30 il primo incontro della FilmFair, dedicato alle performance dal vivo che introducevano i film muti e alla figura di Wilhelm Thiele. —
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