Irene Cao: "Il corteggiamento spinto può diventare un incubo"

"Condivido solo in parte la posizione della Deneuve. È vero, la seduzione non è un crimine, ma detto questo mi sento di dissentire sul considerare il corteggiamento insistente come un fatto semplice e senza peso"

«Condivido solo in parte la posizione della Deneuve. È vero, la seduzione non è un crimine, ma detto questo mi sento di dissentire sul considerare il corteggiamento insistente come un fatto semplice e senza peso. Il confine tra corteggiamento e molestia può davvero essere molto labile.

A volte non servono nemmeno atti fisici per rendere un’attenzione fastidiosa o per trasformare un corteggiamento in un vero incubo per chi non lo gradisce. Non mi riconosco nella schiera di femministe che scendono in piazza a urlare proclami, ma neanche di far parte di movimenti social dell’altro versante. Alla fine penso che una donna, nella sua vita, di cose ne abbia viste e sappia come difendersi e come comportarsi. È una questione di intuizioni: sai cosa potrebbe succedere e sai come comportarti.

Bisogna essere accorte, nella vita ci vuole centratura, almeno questa è la mia idea. Devi sapere dove sei e cosa fai, guardarti intorno e capire cosa ti succede. Non sono convinta che questi momenti di ribellione portino a qualche passo in avanti della nostra società. Credo più nel dialogo tra mondo maschile e mondo femminile, i muri non servono, la condanna così radicale non ci porterà da nessuna parte, mettere alla gogna qualcuno non risolve i problemi.

Sarebbe meglio invece riconoscere che anche l’insistenza non gradita può creare danni pesanti. Non è un segreto che io sia stato oggetto di una vicenda che mi ha segnata, pur se avvenuta senza nessun contatto, ma solo attraverso lo schermo di un computer, la polizia ci ha messo un anno e mezzo a rintracciare il colpevole, diciotto mesi nei quali la mia vita privata è stata pesantemente minacciata.

Le forme di violenza alle quali noi donne siamo esposte sono molte, la vera rivolta è riconoscerle per davvero. Tutte, non solo quelle più eclatanti, ma anche quelle più subdole per le quali le colpe sono sempre irrisorie». (g.g.)

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