Tra introspezione e riflessione: il pittore della luce Feruglio in mostra a Napoli
L’artista friulano inaugura la sua personale nel capoluogo partenopeo con otto grandi tele. Opere interiori che dialogano con i ricchi e maestosi capolavori pittorici

È il pittore della luce, sulla tela e nell’anima: dopo il successo personale conseguito recentemente nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia a Bruxelles, Claudio Mario Feruglio (Udine, 1953) è approdato a Napoli, dove ha appena inaugurato una personale davvero speciale. Nell’antica chiesa del Complesso Monumentale di Santa Maria La Nova nel cuore del capoluogo partenopeo, sono infatti esposte fino al 27 aprile otto grandi tele del maestro friulano, dipinte ad acrilico dal 2005 a oggi.
La rassegna, che sta riscuotendo un autentico successo di pubblico e grande apprezzamento da parte della critica specializzata ed è intitolata “Luce di speranza” , rientra nelle manifestazioni dell’Anno Giubilare ed è curata da Giuseppe Reale, direttore del Complesso Monumentale, cui si deve un profondo testo di presentazione della mostra, inauguratasi anche con la partecipazione del critico Giorgio Agnisola, importante scrittore e accademico italiano.
Oltre a testimoniare un aspetto cardine della sua arte, volta in particolare all’introspezione e alla riflessione, i lavori esposti attestano la particolare sensibilità del pittore verso il trascendente ma svelano anche la sua straordinaria capacità di avvalersi di un mezzo tecnico moderno quale l’acrilico, adoperandolo però secondo la maniera degli antichi, attraverso sapienti velature corredate da una valenza luministica molto intensa, che esprime intime vibrazioni tese verso l’assoluto.
Una tecnica raffinata, che Feruglio ha appreso negli anni fondamentali vissuti all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove era da poco approdata Peggy Guggenheim, collezionista d’avanguardia, foriera di molte novità da oltre oceano, come per esempio il dripping di Jackson Pollock, che non influenzarono tuttavia la solida interiorità del pittore.
Già allora infatti l’artista appariva teso verso un’armonica sintesi che negli ultimi anni ha raggiunto l’apice, riuscendo in tal modo a trasfondere, grazie a una fusione molto personale di cromatismi intensi ma adagiati nel silenzio, un sentimento di appartenenza al creato, ai suoi misteri e alla sua bellezza: un ponte ideale di luce tra realtà e infinito, tra individuo e universo, con intuizioni poeticamente e intellettualmente elevate.
Opere interiori dunque, che a Napoli dialogano originalmente, in perfetta corrispondenza con i ricchi e maestosi capolavori pittorici collocati sugli altari o affrescati sulle pareti e sul soffitto della chiesa, con le magnifiche statue, con la preziosa pavimentazione e le raffinate decorazioni, a formare una sorta di “Via Lucis” (in luogo della via Crucis) in virtù dell’intenso contrappunto luministico insito nei dipinti di Feruglio.
Che espone in tale sede accanto ad alcuni dei maggiori protagonisti del Seicento napoletano, ispirati a volte anche dalla passione per Caravaggio. Tra questi, Belisario Corenzio, importante pittore di origine greca, cui si devono gli affreschi del soffitto della chiesa, Luca Giordano, uno dei più grandi maestri del Seicento napoletano, lo spagnolo Jusepe de Ribera, lo scultore e pittore Pietro Bernini, padre di Lorenzo, e Battistello Caracciolo, volti ad abbracciare i fedeli nella bellezza, conducendoli alla concentrazione sulla presenza di Dio in un contesto scenografico di raffinata magnificenza.
La coraggiosa liaison tra un passato artisticamente così importante e il linguaggio di un pittore contemporaneo senza tempo dal tocco neoromantico e delicatamente espressionista, che ha esposto con successo in tutto il mondo, offre un esito di grande impatto estetico ed emotivo e dovrebbe rappresentare un suggerimento da seguire in futuro. Senza dimenticare che lo stesso luogo di culto ospita anche una collezione di 160 opere d’arte contemporanea dedicate alla Vergine Assunta. Perché a Napoli nulla è impossibile.
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