«In guerra come nei Balcani ma il nemico è dietro le spalle»

LUCIANO SANTIN
ÈL’uomo posseduto dalla ansia del viaggio guarda le pareti domestiche. Considera il piccolo, prezioso mondo che lo circonda, e annota. Paolo Rumiz (di cui la casa editrice BOttega errante, specializzata in letteratura dei Paesi dell’Est Europa e dei Balcani pubblicherà, a 25 anni di distanza il libro Vento di terra. Istria e Fiume, appunti di viaggio tra i Balcani e il Mediterrane) ora prende altri percorsi, e, per una situazione inedita, adotta prospettive inedite che portano lontano, sino al trascendente.
Si può parlare di progetti, prescindendo dalla cifra dominante del Covid 19?
«Prima che l’emergenza si definisse nella sua gravità, mi ero detto: starò un po’a casa e finirò il nuovo libro, una riscrittura in endecasillabi del mito d’Europa, calato nel nostro tempo. Poi l’enormità degli eventi è diventata totalizzante, rendendo difficile il pensare ad altro. E mi sono messo a scrivere, per Repubblica, un diario minimo, che chissà quanto durerà».
Il confinamento non è una novità. Ci sono stati i giorni del faro.
«Sì, quasi un mese nell’isoletta presso Pelagosa. Ma era una scelta, l’avrei potuto interrompere. Non c’erano rischi. E un po’di territorio attorno. Ma la differenza fondamentale, e positiva era data dal silenzio del web, che ampliava la ricezione di segnali di altro tipo. Migliaia me ne arrivavano, in quello scoglio dove pareva non succedere nulla».
Ora però i contatti telematici sono una benedizione.
«Potrebbero diventare una maledizione. Mi spiego: al di là dei gravi danni sanitari ed economici, c’è il pericolo che la gente, a forza di stare a casa, perda il senso della realtà e finisca risucchiata nel web. Innescato dall’orda dei malfidanti, che sospettano di tutto e di tutti, sta dilagando in rete il contagio delle menti, che potrebbe influire in modo suicida sul comportamento persone. Nel secolo passato milioni di persone sono morte per un’idea, adesso può succedere che muoiano perché non credono più in niente».
Ci sarebbe un vaccino?
«Io ricorro alla radio, e non alla tv, ansiogena nella sua rincorsa a notizie inutili, a parte la conta di contagi e decessi. Ci servono aiuti per riflettere sul segnale che la natura ci dà, ripetendo l’ammonimento di Greta: il re è nudo. Abbiamo saccheggiato e fatto soffrire il territorio più in pace che in guerra. In questi giorni acqua, terra e cielo sono già diversi, e mi commuove vedere che a questa natura bastonata basti così poco per riprendersi».
Non c’è da sperare che tutto torni come prima, allora?
«Da temerlo, semmai. Sfugge l’ovvio, specie a livello europeo. Per esempio regna l’idea che qualunque “contagio” – penso anche ai migranti – sia un pericolo proveniente dall’esterno. Così gli stati schierano i militari al confine, come qui tra Friuli – Venezia Giulia e Slovenia, senza capire che il “nemico” è dietro le spalle. Si ripete quanto avvenuto con la guerra nei Balcani, ritenuta problema degli ex jugoslavi, e non sintomo di un morbo che avrebbe contagiato il continente».
Nelle riflessioni – è parso di capire da qualche recente contributo – c’è un nuovo spazio anche per la trascendenza...
«L’esperienza dei monasteri benedettini mi ha riportato ad Agostino: in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas. Da ragazzo, già abitato dall’inquietudine del nomade, mi pareva una sciocchezza. Invece oggi la mia casa si è fatta chiostro, luogo in cui il mondo si riflette nella dimensione di un silenzio che si fa anche preghiera non confessionale. Ringraziamento per ciò che la vita ci dà, rivolto a Dio, o alla Natura, che per me è lo stesso».
L’incontro e il colloquio con Papa Francesco. Quale il ricordo più forte?
«Il calore della sua stretta di mano, capace di trasmettere una fortissima energia positiva. E una frase. Congedandomi gli ho detto: “Caro Francesco, come tanti, sono in pena per lei”. E lui guardandomi con un sorriso ironico, ha finto di stupirsi: “E perché? ”. “Eh, i nemici nella Chiesa, la difficoltà nell’azione di rinnovamento… Si tenga da conto, mi raccomando”. “Amico mio – mi ha risposto – la vita è fatta per essere bruciata, avremo tempo di riposarci dopo”. Quest’uomo capace di donarsi totalmente, mi ha dato parole così fertili che dopo più di un mese continuano a germogliare in me». –
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