Il viaggio da Pozzis a Samarcanda vince il film festival di Treviso

Melania Lunazzi



Ha appena vinto il primo premio all’Edera film festival di Treviso il film “Pozzis, Samarcanda” del 25enne Stefano Giacomuzzi che in questi giorni riempie le sale del Visionario di Udine raccogliendo l’ampio gradimento del pubblico di tutte le età: «Per la freschezza e il senso di avventura che rappresentano l’essenza stessa del fare cinema, per il coraggio di mettersi in gioco, per esser capace di mantenere la lucidità nel doppio ruolo di regista e spalla del protagonista», recita la motivazione della giuria del premio Edera.

“Pozzis, Samarcanda” racconta in 86 minuti il viaggio avventuroso di Alfeo Carnelutti, da tutti conosciuto come “Cocco”, da Pozzis, paesino delle Prealpi Carniche di cui è l’unico abitante dal 1983, a Samarcanda a cavallo di una vecchia Harley Davidson del 1939. Secondo lungometraggio per il regista friulano Giacomuzzi - che nel 2020 ha girato “Sotto le stelle fredde”, ambientato in Carnia - il film, in friulano con sottotitoli in italiano, è un documentario on the road in presa diretta e cattura l’attenzione dall’inizio alla fine. È una vera avventura. Lo spettatore intuisce di trovarsi di fronte alla verità, senza artifici, non solo quella del “farsi” del viaggio ma soprattutto quella della relazione tra i due, che anagraficamente potrebbero essere nonno e nipote e sono entrambi davanti alla telecamera per tutto il film. Un aspetto che è esso stesso sale del racconto, con la curiosità a volte impertinente di Giacomuzzi e le reazioni esilaranti ma ferme di Cocco che cattura subito la simpatia: il suo essere un duro dal cuore tenero, la sua vita dai trascorsi drammatici - una parentesi che il regista vorrebbe raccontasse ma che per lui è una no man’s land - il suo stare al gioco e a disposizione delle richieste “di scena”, l’ottimismo dichiarato, anche di fronte agli imprevisti. Di fatto si è trattato di una sfida dall’esito incerto sia per l’anziano rider, fisicamente condizionato dai gravi esiti del morbo di Crohn, sia per il giovane regista, impegnato a gestire una traversata di due mesi tra andata e ritorno con intoppi importanti che han portato a superare diverse difficoltà anche operative.

“Io i ven vie par fa une sfide cuintri me stes, par viodi dulà che rivi, e par iudati a fa il film baste ca tu non rompis i...», dice il protagonista al regista guardandolo negli occhi. Risate in sala. «Come spesso accade – dice Giacomuzzi – il film è diventato qualcosa di diverso da quello che era stato pianificato, ma ne è nata una grande amicizia, senza deferenza da parte mia e senza peli sulla lingua per Cocco». —

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