Il sogno marxista di Pasolini nel Friuli delle lotte contadine

PAOLO MEDEOSSI. Il 7 gennaio 1948, a San Vito al Tagliamento, ci fu una manifestazione organizzata dalla Camera del lavoro e dai partiti di sinistra per chiedere l’applicazione del “Lodo De Gasperi”, che prometteva posti di lavoro ai disoccupati e aiuti ai mezzadri dopo i danni della guerra. Passò sotto tale nome la proposta di legge avanzata dal presidente del consiglio Alcide De Gasperi con cui si stabilivano rapporti giusti e corretti fra proprietari e contadini. In quei giorni turbinosi maturò e si formò la coscienza politica di Pier Paolo Pasolini, che a 25 anni si era iscritto al partito comunista essendo nominato segretario di sezione nella minuscola San Giovanni, frazione di Casarsa. Attorno a lui, nelle pause degli scontri con la polizia, si raccoglievano i ragazzi della zona con il fazzoletto rosso annodato al collo. Scene, momenti, volti narrati nel romanzo “Il sogno di una cosa”, pubblicato negli anni Sessanta, quando Pasolini viveva ormai da tempo a Roma. Pagine in cui Pier Paolo svela anche tanto di sé, del mondo friulano, dei suoi slanci e di una visione della vita che contrastava maledettamente con una realtà nella quale era cosí difficile difendere frammenti di verità. Anche per questo motivo si stava ritagliando una fama di “guastafeste” e di pedina incontrollata. Per la destra era il professorino che scriveva gli efficaci e fastidiosi manifesti esposti poi nella loggia di San Giovanni (contro il potere, i padroni, la borghesia...). Per il Pci era, sí, un instancabile organizzatore e un ammirevole propagandista, ma anche uno che aveva sempre una propria opinione libera, personale, originale, come era avvenuto nel ’45 quando i partigiani garibaldini uccisero a Porzûs il fratello Guido e lui scrisse: «I miei compagni comunisti farebbero bene ad accettare la responsabilità, a prepararsi a scontare, dato che questo è l’unico modo per cancellare quella macchia rossa di sangue ben visibile sul rosso della loro bandiera». Insomma, era entrato nel partito per ragioni tutte sue, gramsciane, trovandosi poi in minoranza, come gli capiterà sempre nella vita, ma anni dopo dirà: «Fu lí in Friuli che diventai un marxista».
Per capire come andarono le cose e qual era la situazione complessiva nella quale il giovane poeta si stava muovendo, in quella sorta di auto-educazione esistenziale maturata nei sette anni vissuti a Casarsa, dal 1943 al 1950, è interessante rileggere un libro riproposto adesso in occasione dei quarant’anni della morte di Pier Paolo. Si intitola “Il sogno friulano di Pasolini. La vera storia dei giorni del Lodo De Gasperi a San Vito al Tagliamento” (160 pagine, 14 euro) e l’autore è Paolo Gaspari, storico ed editore di Udine, che cosí aggiunge una tessera importante per la conoscenza su giorni di ribellione e furore, come mai era accaduto nelle nostre zone. La copertina del volume propone un bellissimo dipinto in cui Sergio Alteri raffigura una festa popolare, scena movimentata e colorata simile certamente a quelle in cui Pasolini si immergeva allegramente, essendo un abile ballerino e un animatore seguitissimo nelle sagre paesane. I personaggi principali nel racconto di Gaspari sono numerosi, ma emergono tre figure: c’è in particolare il conte e senatore (sotto il fascismo) Francesco Rota, il piú grande proprietario terriero di San Vito, personaggio bene imparentato a livello nobiliare. La seconda moglie aveva a che fare con i boemi Wallenstein, presso i quali era morto Giacomo Casanova nel 1798. Invece una delle figlie di Rota, Giuliana, sposò il primogenito di Pietro Badoglio, il maresciallo d’Italia. Il conte era l’esponente dell’ala dura, quella dei proprietari che non volevano cedere alle richieste delle centinaia di contadini disoccupati, caricati duramente dalla polizia. A guidarli era un giovane, Angelo Galante, per nulla intimidito dal suo avversario. Diversa, invece, la posizione di Carlo Tullio Altan, esponente d’una antica famiglia e che diventò in seguito docente universitario e famoso antropologo. Fu lui a rompere il fronte padronale accordando quanto previsto dal Lodo. Per questo venne accusato da Rota di essere un traditore venuto a patti con i comunisti.
Il libro propone anche foto d’epoca straordinarie, come quella scattata il 4 novembre 1947 a Valvasone dove Pasolini tenne il discorso commemorativo sulla Grande guerra. Le sue frasi contro la retorica della vittoria fecero sí che le autorità locali lasciarono la cerimonia. Poeta corsaro già allora.
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