Il profilo di un Friuli inaspettato tra antichi labirinti e rituali magici

UDINE. È nelle librerie l’ultima fatica dell’instancabile Angelo Floramo, che accompagna i suoi lettori a scoprire “Le incredibili curiosità del Friuli. Luoghi nascosti e aneddoti imperdibili di una regione ricca di fascino”: si completa così la trilogia che lo storico ha pubblicato per Newton Compton, iniziata con “Forse non tutti sanno che in Friuli...” e “Storie segrete della storia del Friuli”, indagini in punta di penna che scandagliano nel giacimento ricchissimo di vicende poco esplorate che sono le nostre terre.
«Una miniera inesauribile – spiega l’autore – ma a dire la verità molto trascurata sia dalla scuola che dalla ricerca, anche universitaria, che preferisce muoversi su altri territori. Per questo la tentazione di metterci mano è ghiotta».
E lo sono pure i risultati, come testimoniano queste 256 pagine fitte di osservazioni e racconti che mettono insieme, in un mix già sperimentato nei precedenti lavori, la dimensione rigorosa dell’Angelo ricercatore e la verve affabulatoria del Floramo divulgatore.
Lo zoom della “macchina del tempo” si indirizza su meraviglie nascoste che evidenziano come i friulani siano costruttori così esperti da riuscire persino a “coltivare le pietre”, a curarle e lavorarle con una perizia simbolica e rituale che fa sì che oggi esse ci rivelino cose dei nostri antenati che nemmeno immaginavamo.
Ad esempio i “cerchi di pietra” come la “Piêra da l’âga” di Toppo o l’orientazione delle Pievi come quella di San Martino di Artegna svelano gli allineamenti astrali che guidavano i nostri avi a erigere edifici che potevano fungere da privilegiati osservatori celesti.
Floramo ci mostra che la storia è sempre una medaglia a due facce: e la maestria dell’autore si vede da come riesce a coglierne e indagarne sempre l’ambivalenza.
Per questo non stupisce quando spiega che i mosaici di Aquileia con l’andar del tempo si aprono a interpretazioni allegoriche sempre più ardite, tutte plausibili in un contesto che sin dai primordi si struttura plurilingue e polimorfo, come si vede anche nella chiesa di San Giovanni d’Antro che ci porta dritti nel grembo della Slavia friulana.
Ma se la storia sacra spiega molto di ciò che siamo, non ci aspetteremmo mai - se non ci fosse la mappa disegnata da Floramo - che accanto a essa di possa trovare un Friuli esoterico che unisce alchimisti e antichi labirinti, tavole copte e culti sciamanici.
E persino un “eros alla friulana”, anch’esso nascosto, che parte da Eusebio Stella e arriva fino a ora, se si vuol accendere la spia sulla vita a luci rosse che si realizza oggi in rete su frequentatissimi lupanari cibernetici “made in Friuli”.
Confligge con l’immagine stereotipata del “furlan salt, onest e lavoradôr”? Non importa: della medaglia si guarda tutto, il dritto e il rovescio.
E così accanto ad “aganis” e “salvans”, “orcui” e “maçarots”, alle streghe e a una divinità come la dea Medusa, che illustrano il patrimonio mitico di questa terra, spuntano anche le tracce di un mito celtonazista: il “Totenburg”, castello della Morte che sorge a Pinzano, incompiuto sacrario destinato a raccogliere e custodire i resti di 30mila soldati tedeschi e austroungarici morti nella Battaglia del Tagliamento seguita allo sfondamento di Caporetto.
Alla fine di questo viaggio in un Friuli lontano nel tempo, par quasi un peccato che la trilogia sia giunta a completamento. Ma non c’è da preoccuparsi: lo scavo del professor Floramo a ritroso nei secoli alla ricerca di primizie del nostro passato non si ferma certo qui.
L’appetito vien mangiando, e il suo gusto per la storia che si fa racconto troverà presto altri oggetti su cui esercitarsi. —
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