“Il giardino e la luna” in viaggio con Goldin nella luce e nei colori dell’Ottocento

Un libro ricco di immagini, di parole in prosa e in versi, a suggerire un mondo di suggestioni attraverso il tema della natura: una natura vista, vissuta, respirata e dipinta.
Il giardino e la luna, il nuovo libro di Marco Goldin ha per sottotitolo “Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo” (La nave di Teseo, 600 pagine, 200 illustrazioni, 24 euro).
Più che un libro d’arte è un racconto d’arte, che prima di parlare di pittura parla del profumo dei fiori, degli autori che già negli anni dell’università Goldin avvertiva più vicini, nel sentire, nella natura e nella scrittura, nell’unire storie artistiche e storie della vita.
Così prima ancora dei romantici tedeschi e degli impressionisti francesi ci vengono incontro le immagini dei paesaggisti veneti dell’Ottocento, di Guglielmo Ciardi piuttosto che di Gino Rossi, i girasoli di Giuseppe Zigaina, il cielo e la luna di Piero Guccione, gli alberi di Franco Sarnari, laddove nel testo compaiono i riferimenti a Roberto Longhi e le citazioni di Francesco Arcangeli, il ricordo della galleria del Barbacan in via San Nicolò a Treviso, dei pittori Giovanni Barbisan e Renato de Giorgis. Come una dichiarazione di intenti: la presentazione e l’offrirsi di uno sguardo quale quello che poi guiderà il lettore in un viaggio intorno al mondo, nella luce e nei colori della pittura dell’Ottocento, europea e americana.
Per comprendere appieno il rapporto tra interno ed esterno, uomo e natura, finito e infinito, ragione e sentimento della poetica romantica si inizia quindi dai dipinti e dalle parole contenute nelle lettere del meno noto Carl Gustav Carus per arrivare alla ricerca di un nuovo spazio in Caspar David Friedrich, autore di celebri tele come il “Monaco in riva al mare” o il “Viandante”.
Dalle nebbie dense di spiritualità di Friedrich si passa alle tempeste marine e ai turbini di colore di William Turner che porta la pittura alla soglia dell’astrazione, dando la possibilità di un’incursione nel contemporaneo e di un accostamento al “romanticismo astratto” di Mark Rothko. Secondo l’autore infatti sia in Turner che in Rothko, ma anche in Friedrich, c’è il medesimo “desiderio dell’uomo per il sublime, per tutto ciò che riguarda le emozioni assolute” di cui scrive Barnett Newman in un intervento apparso nel 1949 sulla rivista “The Tiger’s Eye”, dal titolo “Il Sublime è ora”.
I cieli e le nuvole di John Constable finiscono per legare le vicende della pittura inglese e francese attraverso il realismo in cui si somma il romanticismo, per poi divenire impressionismo. Passando dai cieli e dalle onde di Gustave Courbet ai paesaggi di Camille Corot, Goldin si sofferma sui pittori della Scuola di Barbizon, che non era una vera e propria scuola bensì un gruppo di artisti alloggiati in una locanda del villaggio nei pressi della foresta di Fontainebleau. Lì nasce una nuova pittura. Ma prima di seguirne gli sviluppi nella capitale parigina si viene trasportati negli Stati Uniti a scoprire la Hudson River School e una diversa idea della natura. Tra pagine di diario, nuove osservazioni e nuove citazioni, con le poesie di Walt Whitman a cantare di fiumi e praterie, sfilano in parallelo autori e opere che non capita spesso di vedere, né sui libri né nelle esposizioni, nè Italia nè Europa. Molti di questi Goldin era riuscito a riunire in una notevole mostra intitolata “America!”, nel 2007 al Museo di Santa Giulia di Brescia. Artisti quali Frederic Edwin Church con i suoi tramonti, le sue cascate o Winslow Homer con i suoi oceani, i suoi chiari di luna, le sue solitudini.
Il ritorno in Europa avviene passando dal Nord, attraverso “l’incanto e la bellezza” di Vilhelm Hammershøi, i paesaggi costieri di Peder Andersen Balke, le notti di Eilif Peterssen e Eugène Jansson.
Gli ultimi capitoli sono dedicati all’impressionismo. Narrano l’avventura della pittura en plein air, dalla Senna alla Normandia, i contrasti con il Salon, il ruolo fondamentale di Édouard Manet, la prima mostra organizzata nello studio del fotografo Nadar al n. 35 di Boulevard des Capucines, a Parigi.
E il racconto si arricchisce ancora delle voci dei protagonisti, di Zola, di Baudelaire o di Alice, seconda moglie di Monet, e delle immagini delle opere degli stessi Manet e Monet ma anche di Bazille, Boudin, Pissarro, Renoir fino a Cézanne e Van Gogh, fino a quando quel “tempo svanisce e se ne apre un altro”.
In chiusura un’appendice di tre capitoli per altrettanti poeti: Thomas S. Eliot, Attilio Bertolucci e Goffredo Parise. —
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