Il diario del tenente Ivo Ciancetti nella tragica ritirata di Russia

UDINE. Il “sergente nella neve” cercava rifugio nell’isba, la casetta di legno dove trovare un po’di calore umano e scordare una realtà di guerra durissima. Anche il tenente Ivo Ciancetti aveva la sua isba, la sua “repubblica” come la chiamava, luogo di libertà dove scrivere il diario e le lettere da spedire a casa ( “Mandatemi un termometro che arrivi almeno a 45 gradi sotto zero...”).
E in quell’isba Ciancetti fece due incontri il 17 dicembre 1942, mentre i russi scatenavano l’offensiva e cominciava la tragica ritirata degli italiani, incontri che riaffiorarono nella sua memoria sessant’anni dopo, il 17 dicembre 2002, in occasione della presentazione di un libro a Udine.
Sono coincidenze sorprendenti, ma di tali casualità è intessuta la campagna di Russia, l’immane e folle avventura decisa da Mussolini per correre dietro all’alleato tedesco immaginando un facile e rapido trionfo. Illusioni alle quali la truppa, costretta a vivere difficoltà e inceppi quotidiani, non credeva certamente dopo aver messo piede nell’estate del 1942 in quei territori sterminati.
Basta leggere le prime impressioni del tenente Ciancetti quando già in agosto confessa al suo diario: «Ogni tanto penso che l’impresa in cui ci siamo impegolati sia cieca perché i tedeschi sono destinati a perdere e noi ritorneremo in patria dopo che il fronte sarà travolto. E allora vedo buio, ma cerco di cambiare pensiero, qui nella mia isba».
Parole vere, sincere, profetiche in quanto precedettero di quattro mesi l’esito della spedizione giunta alla resa dei conti il 17 dicembre quando, nel marasma della ritirata, l’ufficiale si imbattè in padre Pio Chiesa, cappellano militare piemontese, e nel capitano Giovanni Gheddo.
Li vede, parla con loro, poi Ciancetti deve seguire il suo reparto (era capo trasmissioni della Divisione Cosseria) e non sa più nulla di cosa sia successo, ma in seguito lo ricostruisce mettendo insieme dettagli e sensazioni. Accanto alla sua isba c’era una tenda per ricoverare i feriti intrasportabili.
Padre Pio e il capitano rimasero certamente lì con loro per prestare assistenza, finendo prigionieri e poi inghiottiti nel nulla come dispersi. «Certo – scrisse Ciancetti anni dopo – i russi non saranno andati tanto per il sottile verso questi nostri poveri soldati. La temperatura di quella notte (meno 35 gradi) e la prostrazione in cui si trovavano non potevano avere che la morte come esito».
Il diario, le lettere e le fotografie scattate in Russia rimasero per decenni silenziosi e chiusi nei cassetti di casa Ciancetti (ternano di nascita, quindi veronese e trasferitosi infine a Udine) finché nel 2002 giunse in città padre Pietro Gheddo per presentare un suo libro dedicato al papà Giovanni e intitolato “Il testamento del capitano”. In tale occasione conobbe una figlia di Ciancetti stabilendo un contatto fondamentale per conoscere gli ultimi momenti dell’ufficiale disperso.
Fu quella la scintilla che originò tutto il resto: il racconto lasciato da Ivo Ciancetti, morto nel 2003, è così diventato adesso un libro illuminante su tale vicenda. Stampato dall’editore Gaspari, si intitola “L’isba del tenente Ciancetti.
Memorie della campagna di Russia” e sarà presentato venerdì 8 febbraio, alle 17.30, nella libreria Tarantola di Udine. Interverranno le figlie dell’autore, Marialuisa e Mariapia, la professoressa Maria Teresa Giusti e l’avvocato Lia Lafronte. Coordinerà Paolo Mosanghini, vicedirettore del Messaggero Veneto.
Il libro (128 pagine) sarà proposto con il Messaggero Veneto da venerdí, a 12 euro e 30 centesimi piú il prezzo del quotidiano. Intenso e struggente, è l’ennesimo esempio di quanto sia efficace “la memorialistica della gente comune”, come viene chiamata. I testi più interessanti contro la guerra sono sempre scritti da chi è stato costretto a farla. –
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto