Il Cirano "risorge" a Pordenone
Alle Giornate del muto la versione restaurata a colori del film di Augusto Genina. Ad accompagnare il film del 1922 l'Orchestra da Camera diretta da Ben Palmer

“Il cinematografo italiano è in fin di vita… ormai è questione di sei mesi, un anno al massimo, e se nessuno avrà preso l’iniziativa, l’Italia non avrà più industria cinematografica”. Risale a un secolo fa (“Il giornale d’Italia”, giugno 1925) questa profezia di “morte del cinema italiano”, probabilmente la prima di una lunga serie fino a oggi.
Ma era quello il contesto in cui paradossalmente era nato nel 1922 uno dei capolavori del nostro cinema muto, il “Cirano di Bergerac” di un geniale e prolifico regista già attivo da una decina d’anni, Augusto Genina. Girato tra Francia e Italia, uscito nel 1923 con grande successo prima in Francia, questo struggente (e semidimenticato) mélo era stato coraggiosamente autoprodotto dallo stesso Genina in un periodo – come si è visto – di drastica crisi del nostro cinema.
Ma uno dei fiori nel deserto che fu dunque all’epoca il “Cirano” risorge ora a nuova vita grazie al maestoso restauro BlackhawkFilms/FPA Classics, che viene presentato oggi in prima mondiale in apertura delle 44esime Giornate del Cinema Muto di Pordenone (Teatro Verdi, alle 21).
L’intera gamma di colori di un secolo fa è stata ripristinata, mentre il compositore americano Kurt Kuenne ha rielaborato una sua precedente partitura per lo stesso film, che sarà eseguita dall'Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer.
Va subito ricordato che il romano Augusto Genina (1892-1957) - cui Pordenone ha dedicato una retrospettiva nel 1989 a cura di Sergio M. Grmek Germani e Vittorio Martinelli - è uno dei più grandi registi della storia del cinema italiano, nonché uno dei più misconosciuti.
Di estrazione altoborghese, ingegnere mancato e presto vocato invece alla scrittura, al teatro e al cinema, diventò negli anni ’10 uno dei registi italiani più sensibili e consapevoli della specificità e della dignità dell’emergente arte cinematografica.
Spinto poi a lavorare in Germania proprio per la crisi del cinema in patria, ritornò in Italia dal 1936 con la “trilogia della guerra”, “Lo squadrone bianco”, “L’assedio dell’Alcazar”, “Bengasi”, film perfetti, organici però al regime fascista. Benché Genina si professasse apolitico, questi film erano troppo identificati ideologicamente perché lui rimanesse indenne nel dopoguerra. Dopo un forzato silenzio, realizzò comunque capolavori come “Cielo sulla palude” (1949), vincitore a Venezia, e “Maddalena” (1954).
Di Genina il programma di quest’anno delle Giornate include anche “Il siluramento dell’Oceania” (1917) e un frammento di “Femmina” (1918). Ma il “Cirano” ha una rilevanza assoluta e appartiene alla maturità avventurosa del regista, come il coevo “Il corsaro” (1924). Nel film sul celebre spadaccino poeta, dal testo del 1897 di Rostand, Genina profonde tutta la sua sapienza nella composizione delle inquadrature, nella manovra delle masse e nel dosaggio fra i momenti corali e quelli individuali.
Il “Cirano” presenta infatti una struttura quadripartita, con scene collettive all’inizio, seguite dall’episodio del corteggiamento di Cristiano (con Cirano) a Rossana, dalla battaglia con gli spagnoli poi (che per spettacolarità sembra anticipare l’”Enrico V” di Olivier), per concludersi infine con la drammatica rivelazione di Cirano a Rossana. E non mancano sorprendenti sequenze fantastiche alla Méliès e pionieristici flashback.
Come tutte le grandi opere, anche il “Cirano” di Genina diventa metafora dell’ispirazione del proprio autore. Sensibile nel suo cinema a un tipo femminile diverso dalla “femme fatale” del divismo muto italiano, replicando il testo di Rostand, Genina sembra qui suggerire una romantica dedica all’attrice che interpreta Rossana, Linda Moglia. Era stata la sua compagna prima della più lunga relazione anche artistica con Carmen Boni (e diresse pure la mitica Louise Brooks in “Prix de beauté”, 1930).
Come Cirano nella vicenda si sostituisce con la voce e le parole al bel Cristiano per corteggiare Rossana, così nella realtà Genina sembra volersi sostituire ai due interpreti maschili, sottolineando il corteggiamento dell’attrice con una regia quanto mai studiata ed empatica. E in una sorta di gioco di specchi, paradossalmente un grande film muto riesce invece a esaltare la più sublime arte della voce e della parola.
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