Il cantore delle montagne friulane Mario Solazzo espone a Cividale

Si inaugura nella chiesa di Santa Maria dei Battuti la personale del pittore. In mostra la produzione dei suoi ultimi 15 anni. «Vi racconto i colori della neve»

I colori della neve, perché la neve ha i colori. E l’armonia dei suoni che solo un cantore delle montagne come Mario Solazzo può descrivere. A un decennio dalla sua ultima personale a Cividale del Friuli, sua patria di adozione, il pittore di origine leccese ritorna con un’esposizione nella chiesa di Santa Maria dei Battuti che rappresenta un inno alla luce e al lirismo delle vette.

Un gioco di pieni e di vuoti quello di Solazzo, definito da una densità materica che plasma gli ambienti montani e li indaga definendo i profili dei dirupi, i canaloni e le creste illuminati da contrasti cromatici e da pennellate nervose che traducono esperienze emozionali e spirituali in chiave espressionista, ripartendo dall’esperienza divisionista di Cesare Maggi, dai maestosi paesaggi alpini di Giovanni Segantini, dalle atmosfere sappadine di Pio Solero.

E da quelle vedute si sprigiona un’armonia che è suono. «Da giovane ho studiato musica al Conservatorio e nel corso della mia esistenza ho conosciuto molti musicisti. La musica è una compagna di vita che ci permette di invecchiare meglio e quella che nasce dal racconto dei miei quadri è anche un’armonia di suoni» racconta Mario Solazzo, descrivendo la selezione di opere in mostra a Cividale: 33 creazioni, oli su tela che appartengono alla produzione dell’ultimo quindicennio.

Una produzione dominata dai paesaggi innevati che rappresentano una costante nella sua produzione artistica. Le sue pennellate danno rilievo e vitalità alla terra che diventa materia viva, attraversata da dinamiche potenti, da spinte tettoniche. E affiora fra baite e declivi remoti, quasi sempre privi di tracce umane, di insediamenti. Non ci sono folle, non impianti di risalita, né alberghi e nella solitudine metafisica di quegli scenari la neve diventa protagonista, ingloba gli stavoli, ammanta i boschi. Solazzo la rappresenta nella sua vitalità, nella sua moltitudine di sfumature. «Perché la neve non è bianca, ha i colori della fisica» spiega.

Così prendono forma i monti della Val D’Aosta e, uno a uno quelli della Carnia, i paesaggi di Sauris, Collina, quelli sappadini. E l’armonia nasce dal contrasto con una sezione di tele dedicate ai mercati brulicanti di figure umane, macchie di colore che affollano le vie cividalesi, quelle tolmezzine.

Ci sono donne a bambini che si agitano fra le bancarelle, un’umanità composita che si allontana dall’osservatore nei vicoli indagati “a la recherche du temps perdu” come le malinconiche figure nei vicoli di Utrillo. Un paesaggio urbano, così lontano dalle cime silenziose, eppure così intimamente connesso ad esse. E ci sono i tramonti arrossati sulla laguna di Venezia punteggiati da un brulicare di gente sospesa fra cielo e terra. Percorsi espressivi divergenti che si incrociano nella ricerca della luce, scomposta in tutte le sue componenti cromatiche, che si fa suono.

La mostra sarà inaugurata sabato 18 gennaio, alle 18, e sarà visitabile fino al 9 febbraio.


 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto