Il campo di concentramento e i ricordi che feriscono: Gonars guarda al suo passato

GONARS. Sarà presentato oggi, alle 20.30, nella sala polifunzionale del centro civico di Gonars (a Fauglis, in via 4 novembre) il volume di interviste a cura di Francesca Ciroi e Annalisa Schiffo “Memorie della nostra gente. Il campo di concentramento fascista per internati jugoslavi di Gonars (1942-1943)”, edito da La Nuova Base. L’opera è stata realizzata con la collaborazione dell’Associazione storico culturale Stradalta di Gonars (presieduta da Marco Sicuro), che ha curato l’introduzione storica e l’apparato critico, dell’Amministrazione comunale di Gonars e di PromoTurismo Fvg. La notevole prefazione è di Ferruccio Tassin.
«Quella del Campo di concentramento di Gonars è una storia necessaria che non deve essere ricordata solo in occasione della commemorazione di inizio novembre», afferma Marco Sicuro. Il campo di concentramento di Gonars, che giunse a contenere oltre 6 mila prigionieri provenienti dalla cosiddetta “Provincia italiana di Lubiana”, protrasse le sue funzioni sino alla dichiarazione dell’Armistizio.
In più occasioni, la popolazione locale aiutò e sostenne i prigionieri finalmente liberati. Di quella angosciante struttura resta ben poco: perciò, nel 2009, l’Amministrazione comunale di Gonars ha fatto erigere lungo la Stradalta alcune steli commemorative; ma contribuiscono al ricordo anche le urne di 471 persone collocate nel sacrario inaugurato nel 1973, meta di pellegrinaggio di cittadini sloveni e croati che, assieme alle loro autorità governative, ogni novembre rendono omaggio ai connazionali defunti.
Quella del campo di concentramento – spiega il sindaco di Gonars Marino Del Frate – è «la pagina più buia della nostra comunità durante il secondo conflitto mondiale». Una pagina di cui si sono ampiamente occupati, inserendola nella storia del confine orientale e del progetto di bonifica etnica del regime fascista, storici di alto livello, sia italiani sia della ex Jugoslavia. Negli anni sono state raccolte, inoltre, le testimonianze degli ex internati. Mancava, tuttavia, la voce delle persone libere che, all’epoca, vivevano accanto a quella «realtà scomoda e greve»; e allora, con la collaborazione degli assessori alla cultura Emanuele Baggio e Mattia Cristina Stradolini, si è deciso di raccogliere le testimonianze dei gonaresi. Che cosa vedevano e sapevano? Qual era il loro sentire? Che cosa rappresentava per loro il Campo? Ciò a coronamento – ricorda Del Frate – di un lungo impegno «iniziato con la costruzione del monumento sulla Strada Napoleonica, dove sorgevano le baracche, e continuato con la celebrazione delle ricorrenze istituzionali e di gemellaggio, all’insegna della collaborazione e del rispetto verso le comunità slovene e croate».
«In questo libro – spiega Francesca Ciroi – sono state usate prevalentemente fonti orali, le voci, la memoria dei concittadini», dando vita a «un incontro culturale, generazionale, una prova di ascolto, una manifestazione di amore per la memoria». Un lavoro di questo genere offre dunque anche «un incoraggiamento, rivolto soprattutto ai giovani, a riscoprire e conoscere le proprie radici partendo da un semplice confronto con un famigliare o un conoscente più anziano». Uno sforzo lodevole, che merita attenzione. —
V.M.
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