I successi di Giolitti, la scelta attendista e la stagione delle spie

Credo ci siano poche speranze di evitare un nuovo conflitto con l’Austria. L’attività degli irredentisti nelle nostre terre, da Trieste a Trento, si fa sempre piú intensa e naturalmente trova adeguata risposta dagli occupanti, i cui vertici politici e militari sono orientati a darci una lezione: ho l’impressione che non abbiano ancora ben capito di quale pasta siamo fatti, per ciò tentennano in attesa dell’occasione propizia e si muovono per affrettarla. So per certo che hanno incominciato già da qualche tempo a costruire lungo la frontiera fortificazioni e strade in funzione strategica per la difesa delle loro posizioni nella regione. Anche nei nostri ambienti militari si parla apertamente delle intenzioni austriache da quando si è saputo, attraverso lo spionaggio, che per tre volte il capo di stato maggiore Conrad von Hoetzendorf ha sollecitato la dichiarazione di guerra all’Italia; il suo ministro degli esteri, però, si è opposto energicamente e la decisione è stata bloccata.
Può sembrare un paradosso, ma sono certo di non sbagliare se affermo che la guerra è stata per ora scongiurata da una catastrofe di altra natura, ma altrettanto dolorosa: il terremoto che nel dicembre 1908 ha sconvolto la Sicilia, provocando migliaia di morti e danni spaventosi. La tragedia grava ancora pesantemente sulla nazione e proprio per questa ragione von Conrad ha riproposto l’inizio del conflitto con l’Italia, sostenuto anche dalla stampa. Nel Volks Zeitung di Vienna è stato scritto che «una terribile lezione è toccata agli italiani, lezione che deve persuaderli a badare ai fatti loro e a non a ingerirsi nella grande politica internazionale». Altrettanto esplicito è stato l’Armée Zeitung: «Dal punto di vista umano la catastrofe del 28 dicembre ci colma di pietà profonda e sincera, ma la politica è un rozzo mestiere e freddamente noi dobbiamo tenere conto del terremoto di Messina come di una circostanza per noi vantaggiosa e non dobbiamo indugiare a fare i conti con l’Italia anche nei giorni del suo lutto nazionale».
Una larga parte dell’opinione pubblica austriaca condivideva questa linea di asprezza, ma von Conrad si era visto nuovamente smorzare la sua frenesia: il dissidio con il ministro degli esteri e con lo stesso imperatore Francesco Giuseppe ha determinato il suo licenziamento.
I vertici dell’armata austro-ungarica sono in allerta e seguono con grande impegno gli sviluppi della situazione; non altrettanto si può dire degli alti vertici militari e dei politici italiani, che guardano con distacco ai problemi del confine orientale. I continui cambiamenti nel Governo romano hanno impegnato i parlamentari piú che le crescenti tensioni con l’Austria; sull’eventualità di una guerra le posizioni non sono univoche e anche l’opinione pubblica è divisa tra interventisti e neutralisti. L’attenzione alle terre irredente è venuta meno per la generale euforia derivata dalla conquista della Libia, operazione condotta dal Governo di Giova. nni Giolitti, notoriamente avverso all’interventismo nei conflitti europei. L’Italia è uscita dal tunnel della recessione, ha fatto un grosso balzo avanti sulla via dell’industrializzazione, ha il bilancio in pareggio e ha imposto il suffragio universale. C’è chi contesta i successi di Giolitti, offuscati dal perdurare del clientelismo, della corruzione, dei ricatti che inquinano la politica italiana; la risposta è secca ed eloquente: «Un sarto quando taglia l‘abito per un gobbo, deve fare la gobba anche all’abito». È un chiaro invito al realismo, ma i triestini, i friulani e i trentini non ne vogliono sapere, determinati come sono nel voler cacciare gli occupanti dalle loro terre.
Quando l’attentato di Sarajevo appiccò il fuoco all’Europa, il Governo non era in mano a Giolitti, ma ad Antonio Salandra; l’Italia era legata con il trattato della Triplice alleanza all’Austria e alla Germania, che ora sono infuriate perché abbiamo proclamato la neutralità, allettati dalle sostanziose promesse fatteci da inglesi, francesi e russi, alleati nella Triplice intesa: se passeremo al loro fianco, al termine del vittorioso conflitto saremo ripagati con Trento, Trieste, il litorale dell’Alto Adriatico e l’Albania.
È evidente che la neutralità è una scelta attendista che consente all’Italia di sfruttare al meglio la sua posizione politica, e infatti nelle trattative con l’Intesa ha avanzato considerevoli pretese: il Trentino fino al Brennero, cioè col sud Tirolo etnicamente tedesco; Trieste con le Alpi Giulie; tutta l’Istria e quasi tutta la Dalmazia; Valona con il suo entroterra albanese; il Dodecaneso e, infine, il trattamento da grande potenza coloniale nel caso di successive spartizioni in Africa e in Medio Oriente a spese della Germania. Queste richieste sono state accolte da Inghilterra e Francia, ma non dalla Russia, che per i suoi interessi tende a ingraziarsi gli slavi.
Non sono esperto di faccende militari, ma credo di capire qualcosa delle strategie politiche. Gli intrighi in corso mi inducono a pensare che presto o tardi l’Italia uscirà dalla Triplice alleanza e passerà nella Triplice intesa, con la quale ha coincidenza di interessi nella ridefinizione dei confini in Europa. È difficile prevedere quanto tempo ci vorrà perché l’Italia entri apertamente in gioco; bisognerà vedere se prevarranno gli interventisti o i neutralisti; la decisione finale sarà comunque presa dal Re, che è consapevole e molto preoccupato delle situazioni nell’area irredenta.
Gli austriaci continuano a costruire a ridosso del confine impianti militari e l’Italia sta prendendo le contromisure: non si limita a realizzare infrastrutture come la ferrovia pedemontana da Sacile a Pinzano, le strade da Maniago a Longarone e da Meduno a Socchieve, mettendo da una parte in collegamento il Friuli con il Cadore e dall’altra la regione prealpina e collinare con la Carnia; sono state costruite rapidamente fortificazioni a Colloredo di Montalbano, Ragogna, Pinzano, Tricesimo, Fagagna, Santa Margherita, Rivolto e sul monte Bernadia, sopra Tarcento; sul Tagliamento sono state realizzate due teste di ponte a Codroipo e a Latisana.
Da quando è stata intensificata la costruzione di strutture militari da una parte e dall’altra del confine, sia l’Italia sia l’Austria hanno sviluppato una rete di spionaggio per conoscere le rispettive linee strategiche adottabili in tempo di guerra, evento che ormai è dato per imminente. Il sottocapo di Stato maggiore italiano, generale Porro, e il generale Rosolino Poggi, capo del servizio informazioni del Comando supremo, hanno partecipato a un convegno di alti ufficiali a Palmanova, durante il quale hanno appreso dettagliate notizie sull’intensa attività degli austriaci lungo il confine. Gli informatori segreti utilizzati dagli italiani sono tutti volontari e fanno riferimento a un Comitato apposito costituito a Udine nell’ambito della società Dante Alighieri e a un altro che opera a Trieste.
Nel recente passato sono stati celebrati numerosi processi a carico di informatori scoperti e alcuni italiani sono stati condannati a morte; queste sentenze hanno aumentato le tensioni e qui si attendono con ansia le decisioni del Governo di Roma. Hanno suscitato entusiasmo le notizie secondo cui in Parlamento gli interventisti hanno avuto la meglio sui neutralisti, contando anche sull’apporto del poeta Gabriele D’Annunzio, del futurista Filippo Marinetti e del giornalista Benito Mussolini, ai quali va dato atto di avere sensibilizzato l’opinione pubblica, inducendo cosí i politici e i vertici militari ad assecondare la volontà degli irredenti. La situazione, però, si sta complicando, perché l’Austria vuole vendicare l’assassinio dell’arciduca ereditario Francesco Ferdinando e della sua consorte, la contessa Sofia Choteck, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914. È opinione diffusa che in realtà l’Austria voglia cogliere questa circostanza per impadronirsi di un’altra fetta dell’Europa centrale. Per ostacolare questo disegno, la Francia, l’Inghilterra e la Russia fanno affidamento sulla Triplice intesa, includendovi l’Italia, la quale ha sottoscritto a Londra un patto che sancisce la sua uscita dalla Triplice alleanza. L’impero austro-ungarico e la sua alleata Germania avranno un fronte in piú da difendere. Potrebbe essere il momento buono per noi.
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