I fatti di Pasian Schiavonesco: tutti assolti da alto tradimento

Gianfranco Ellero
L’11 marzo 1919 il Tribunale militare di Stra mandò assolti sette imputati di alto tradimento del Comune di Pasian Schiavonesco (oggi Basiliano). Dando l’annuncio del loro arresto, La Patria del Friuli del 10 gennaio 1919 scrisse: «Taluni di coloro che lo straniero, nella infamante sua precaria oppressione, chiamò a una pseudo amministrazione delle cose comunali, si fecero a loro volta strumenti di tirannide contro i loro stessi fratelli, e più infierirono contro i più poveri, contro coloro che non potevano reagire. Contro quegli sciagurati ora insorge terribile la voce accusatrice del popolo già calpestato: ed ecco che avvengono frequenti le denunce, gli arresti».
A Pasian Schiavonesco furono arrestati Eugenio Cromaz podestà del Comune, suo figlio Eugenio, Giovanni Del Giudice di Vissandone assessore, Giacomo Pellizzari consigliere di Pasian, e ancora i consiglieri di Variano, Giuseppe Greatti, Pietro Da Ponte e Domenico Pontoni.
«Tempo addietro – prosegue il giornale – stampammo (desumendolo da un documento ufficiale) un elogio al Cromaz padre del quale si diceva che poté come Sindaco beneficare il paese; e fin d’allora fummo posti sull’avviso che, invece, unanime, il popolo di Pasian Schiavonesco era contro di lui molto irritato per angherie e soprusi inflittigli».
Il giornale terminava l’annuncio con l’augurio che tutti potessero dimostrare l’infondatezza delle accuse.
Il Gazzettino di Venezia seguì il processo con molta attenzione, e grazie alla cronaca del suo inviato, ripresa dai giornali udinesi il 14 marzo, possiamo riascoltare dal vivo l’esito del processo, durante il quale furono ascoltati cinquanta testimoni.
«L’avvocato militare cavalier Mulinelli – trascriviamo – in una sobria, ma stringente requisitoria, riconosce che i Cromaz, il Pellizzari e il Greatti possono uscire a testa alta da questo dibattimento: segnatamente i Cromaz giovarono alla collettività e alla resistenza. Ne domanda l’assoluzione per non aver commesso i fatti. Per il Del Giudice pena che non di tradimento diretto sia colpevole, ma di tradimento indiretto: egli non reagì e talvolta trasmodò: rimane tuttavia compreso nel decreto di amnistia».
«Ritiene sussistente nei riguardi di Greatti e Del Giudice la violazione dei bandi e domanda per il primo tre anni, per il secondo un anno di reclusione coi benefici di legge».
L’avvocato Cosattini (…) rifà il quadro dei dolori e delle ansie che straziò i friulani durante l’occupazione e si dice orgoglioso di aver patrocinato i Cromaz che risultarono fieri assertori d’italianità.
Il tenente avvocato Ortolani tratta col riconosciuto acume le questioni giuridiche di tutta la causa per invocare una completa assoluzione. L’avvocato Giommi della Romagna scioglie un inno alla gentilezza e patriottismo del Veneto, straziato e invitto, per rilevare che nessuno ha tradito, ma tutti compirono nobilmente il loro dovere. «Il Tribunale a tarda ora pronuncia sentenza con la quale dichiara non luogo a procedere pel delitto di tradimento in confronto di Cromaz padre e Cromaz figlio, Pellizzari, Greatti e Del Giudice per l’inesistenza di reato; assolve Greatti dall’imputazionme di mancata denuncia di oggetti altrui per non provata reità, condanna Del Giudice a un anno di reclusione per omessa denuncia di cose pertinenti a bottino di guerra e applica a suo favore il condono. Gli accusati vengono subito scarcerati».
Interessante la parte finale della cronaca su La Patria del Friuli: «Il Presidente Polverini, ch’è prossimo al congedo, nel chiudere il dibattimento disse queste parole: – Sono lieto che uno degli ultimi atti miei quale presidente di tribunale militare sia l’assoluzione di questi galantuomini. – E lo stesso avvocato fiscale, per tre dei quali propose egli medesimo la completa assoluzione (i due Cromaz e il Pellizzari), ebbe a dire: – Voi potete tornare al vostro paese con la testa alta, poiché se mai qualche cosa fu provato in questo dibattimento, fu provato che avete agito da veri galantuomini e da veri italiani». Non si era mai visto un processo nel quale gli imputati furono non soltanto assolti, ma anche elogiati dagli stessi giudici!
Prendendone atto, La Patria così concluse: «Poiché dinanzi allo spassionato esame dei giudici, le accuse sfumano e le assoluzioni superano di gran lunga le condanne, riteniamo un dovere il costatarlo a conforto di questa Piccola Patria calunniata nei rimasti, qualificati, da chi era lontano e mentre essi soffrivano il martirio del servaggio crudele, come austriacanti o rimbambiti». —
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