I casoni, magiche architetture sull’acqua

Viaggio nella Laguna di Grado: dodicimila ettari d’estensione, luogo senza tempo con due riserve naturalistiche
Di Veronica Balutto

Dodicimila ettari di estensione, un fronte di cordoni litoranei lungo ben 25 km. Un luogo senza tempo, un sistema di canali e valli ricoperte di canne e cespugli, regno dell'acqua, del vento e del silenzio. un ecosistema perfettamente intatto, conservato, con un equilibrio delicato in mezzo a due riserve naturali: la laguna gradese, è la preziosa custode di due riserve naturalistiche, la valle Cavanata, zona umida che conta la presenza di ben 260 specie di volatili migratori, e la riserva della Foce dell'Isonzo, che comprende gli ultimi 15 km del fiume prima del suo arrivo al mare. Questo è l'habitat ideale per decine di specie di uccelli acquatici che nidificano e fanno tappa nel periodo delle migrazioni. Qui i protagonisti sono aironi, folaghe, germani reali, alzavole e marzaiole, anatre e gabbiani. Non è difficile imbattersi nel volo di aironi cinerini e rondini di mare. È una zona feconda di essenze arboree come tamerici, olmi, pioppi, ginepri e pini. Un piccolo mondo fantastico, immerso nella quiete della natura, che vede l'intrecciarsi di canali e rii, fino ad arrivare a percorsi di fede dalle origini lontane come il Santuario di Barbana. Una terra intrisa di storia che ci riporta indietro nel tempo i cui ritrovamenti archeologici rivelavano l'antichissima via romana, ora interamente coperta dall'acqua, che collegava Aquileia al suo scalo di Grado.

Emblema della laguna sono i casoni che spiccano sugli isolotti che, ancora oggi, portano antichi nomi gradesi. Memoria storica di un'epoca, sono il simbolo di un'architettura vernacolare, spontanea, creata grazie all'ingegno dell'uomo, per la propria sopravvivenza.

Concepite come abitazioni palustri, già alla fine dell'Impero Romano per scampare alle invasioni di terraferma, i casoni sono poi diventati supporto funzionale alla pesca lagunare: infatti, le antiche famiglie trascorrevano qui il loro periodo estivo. Questo tipo di costruzione risulta essere adatto al terreno delle barene, affioramenti di terreni poco resistenti, ma inadeguato a sopportare il peso di strutture murarie senza bonifica. La modalità costruttiva per costruire un casone è articolata: una volta identificata la barena da consolidare con lo scavo del terreno circostante per creare un canale perimetrale, successivamente la barena viene trasformata in mota, l'isola vera e propria su cui il casone si appoggia. Ad oggi sopravvive ancora la tradizione secondo la quale, finchè sull'isola- mota- esisterà un unico palo conficcato in verticale, sarà possibile costruire un altro casone.

Pianta rettangolare e tetto di canne a forma di piramide, queste le caratteristiche principali. La muratura portante del casone è in terra cruda (adobe) mentre il manto di copertura in paglia, quasi un ibrido tra capanna e casa. La struttura portante è in pali in legno di robinia, mentre il pavimento in terra. Il tetto è appuntito: uno dei pochi elementi che interrompe la linearità caratteristica della laguna. La copertura è uno degli aspetti caratteristici: le cannelle di laguna danno la finitura; raccolte in periodi diversi dell'anno sono lasciate essiccare e legate con salice a mazzi, posizionate con il gambo in alto e le punte in basso, facilitano il fluire dell'acqua piovana.

L'articolazione spaziale e distributiva interna è molto semplice: una sola grande stanza con il focolare; All'interno un montante, il pal de la lume ( a sostegno della trave di colmo). La porta è orientata verso ovest, ponente, per ripararsi dalla Bora, il vento freddo che soffia dall'est.

I materiali del posto come pali, canne, paglia e vimini, conferiscono le finiture per questi splendidi esempi di architettura legata alla territorialità, ad esaltare le forme più antiche della tradizione. Un'edilizia povera, ma sapiente, dove forma e materia si fondono perfettamente con il clima.

©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto