Di Lenardo, emozioni nell’obiettivo: a Spilimbergo una mostra con oltre 130 scatti
Sabato 28 giugno apre a Palazzo Tadea la rassegna dedicata all’artista friulano, in occasione della in occasione della 39esima edizione di Fvg Fotografia

Negli ultimi decenni gli studi e le manifestazioni dedicate alla fotografia hanno occupato un ruolo primario nelle attività culturali non solo del nostro territorio. Anche la fotografia vernacolare, ovvero prodotta senza una finalità professionale, ma vissuta come intima esperienza personale, ha segnato un grande interesse di pubblico e di cultori della materia.
Così non fosse, non avremmo mai conosciuto, per citarne due tra i tanti, l'opera di Vivianne Mayer o di Miroslav Tichy, due completi outsider che hanno coltivato la propria geniale vena fotografica con massimo riserbo, senza velleità mondane, senza ricercare una qualche visibilità che potesse cambiare il corso delle loro esistenze.
E se così non fosse non avremmo probabilmente mai conosciuto la vicenda di Alberto Di Lenardo, imprenditore udinese con la passione della fotografia, vissuta con riservatezza, quasi con pudore.

Un uomo riservato, elegante ma anche ironico e delicato Di Lenardo (1930-2018), che dalla nativa Ontagnano si era trasferito a Bologna durante la guerra, per poi farvi ritorno nel 1954 per iniziare a occuparsi dell'azienda di famiglia.
Sicuramente la fotografia non ha mai messo in crisi la sua dedizione al lavoro e non è mai stata presa in considerazione come alternativa professionale, ma sicuramente ha costituito un'attività intensa e costante, tanto da raggiungere diecimila immagini archiviate.
“Alberto Di Lenardo. Una stanza piena di treni” è il titolo della mostra organizzata dal Craf – Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia in occasione della 39esima edizione di Fvg Fotografia, in collaborazione con la Regione Fvg, il Comune di Spilimbergo, Creation, con il sostegno della Fondazione Friuli e il contributo di Banca 360 Fvg.
L’esposizione sarà inaugurata sabato 28 giugno, alle 12, a Palazzo La Loggia a Spilimbergo, per poi proseguire nella sede espositiva di Palazzo Tadea, alla presenza della curatrice e nipote dell’autore, Carlotta di Lenardo.
Ma cosa contraddistingue Alberto di Lenardo dai tanti fotoamatori che coltivano la propria passione parallelamente a un quotidiano professionale diverso, realizzando migliaia di scatti dei loro viaggi, dall'osservazione dei luoghi, del sociale e della rappresentazione della quotidianità familiare?
Se oggi siamo qui a parlarne, a celebrarlo come autore fotografo, seppur in sua assenza, è perché la sua produzione fotografica ha saputo distinguersi per la sua qualità intrinseca e per la particolarità della vicenda che l'ha generata.
Come Jacques Henri Lartigue, Di Lenardo usava la fotografia come diario intimo della sua vita. Ogni scatto diventava un racconto, che poteva descrivere le emozioni e fissare un momento sulla pellicola, spesso accoppiato da annotazioni che riportavano ogni dettaglio connesso con lo scatto.
Le fotografie di Di Lenardo sembrano provenire da una sorta di mondo parallelo rispetto a quanto si poteva respirare nel Friuli di quegli anni, proprio com'era accaduto ad un altro suo conterraneo, Carlo Dalla Mura, avvocato di professione e fotografo per passione, che però, a differenza di Di Lenardo aveva resa pubblica la sua produzione ampiamente edita sulle pagine de "Il Mondo" o "Iulia Gens".
Dobbiamo la scoperta delle preziose immagini di Di Lenardo alla tenacia della nipote Carlotta, che aveva condiviso il "segreto" del nonno Alberto, appassionandosi così tanto a quelle immagini, al racconto intrigante e irripetibile che emergeva, da volerlo rendere condivisibile.
La passione segreta dell'imprenditore era stata vissuta e conservata in un'apposita stanza della sua villa udinese progettata dall’architetto Carlo Mangani, che conteneva anche un’altra passione di Di Lenardo: un gigantesco diorama ferroviario.
A questo mondo si poteva accedere attraverso una porta segreta ricavata nella libreria del suo studio dove i due nipoti si facevano accompagnare condividendo l’entusiasmo del nonno Alberto che metteva in funzione i vari trenini supportati da luci e suoni.
Ora, grazie a Carlotta, che nel 2020, poco dopo la morte del nonno, è riuscita a pubblicare con la casa editrice britannica Mack, la prima preziosa monografia dedicata all'opera fotografica del nonno, quella "stanza piena di treni" inizia a svelare i suoi segreti attraverso una selezione di 130 fotografie esposte a Spilimbergo a Palazzo Tadea fino al 7 settembre (ingresso gratuito). «Ogni archivio è, prima di tutto, una storia in attesa di essere raccontata» conclude Carlotta Di Lenardo, immagini capaci di restituire, insieme allo sguardo del suo autore, anche il colore e il sapore di un'intera epoca, e dare almeno l'idea di quante altre storie sono custodite in quella stanza.
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