«I Casamonica prosperano nel vuoto di potere. Friulani attenti, la mafia ormai è anche tra voi»

La reporter de L’Espresso e Repubblica domani a Trieste e il 17 a Udine con il suo libro inchiesta sulla criminalità a Roma

Giornalismo dalla “schiena dritta” che onora l’impegno di informare con verità e correttezza: ne parlerà a Link, il festival in corso a Trieste, domani, alle 16.30, la giornalista Floriana Bulfon, che per Bur Rizzoli ha pubblicato “Casamonica, la storia segreta. La violenta ascesa della famiglia criminale che ha invaso Roma” (304 pagine, 16 euro). Dalla cronista che ha indagato sulla “Famiglia” e che ora è sotto vigilanza, ecco la prima inchiesta sulla storia criminale del momento, che coincide in modo inquietante con la storia di Roma degli ultimi trent’anni. A Link converserà con Carlo Bonini de La Repubblica, Beppe Giulietti presidente della Federazione della Stampa e Carlo Muscatello, presidente di Assostampa Fvg. Bulfone sarà quindi a Udine, a Vicino/lontano, venerdì 17 maggio alle 18, alla Libreria Moderna Udinese, in dialogo con la giornalista Luana de Francisco con la quale, in questa intervista, ha anticipato i temi dell’incontro.

Luana de Francisco

Voleva capire come si possa finire per abituarsi alla violenza. Vedere da vicino gli abissi, calpestare le strade della paura e condividere la quotidianità dei criminali. Li cercava e li ha trovati per svelarli al mondo. Lei, giornalista nata e cresciuta in Friuli, con la penna piena di storie di soprusi e malaffare, e loro, i Casamonica del lusso pacchiano e dei funerali ispirati al Padrino. Ostentazioni di un potere cui la Cassazione ha di recente riconosciuto i crismi della mafiosità. E che Floriana Bulfon, firma de “L’Espresso” e “Repubblica”, ha esaminato e raccontato nel libro “Casamonica. La storia segreta”. Un lavoro prezioso, nella composizione del puzzle delle mafie emergenti nel panorama italiano, e romano in particolare, che l’autrice ha pagato anche al prezzo delle minacce subite durante la sua attività di indagine e narrazione.

- Floriana, l’immaginario collettivo li dipinge come famiglie rom che si sono fatte clan. Tu li hai conosciuti e studiati: chi sono i Casamonica?

«Tutti li considerano degli straccioni. Ecco, liberiamoci da quest’idea. Non sono criminalità zingara “de noantri”. Sono, invece, classe dominante che tratta alla pari con i narcos colombiani e con le mafie slave e che importa tonnellate di droga con aerei privati».

- Roma, la città dove hai ormai messo radici, si è scoperta terra di mafie di nuova fattura. Cosa sta succedendo?

«Se clan come i Casamonica riescono a fare così tanta strada è perché approfittano del vuoto di potere delle istituzioni. La loro ascesa è parallela al declino della città. E così, succede che la borgata si faccia centro storico e che questa gente frequenti alla stessa maniera i poveracci e i vip».

- Per scrivere questo libro, ti sei infiltrata nei loro quartieri “proibiti”. Cos’hai fatto esattamente?

«Diciamo che questo è il frutto di dieci anni di lavoro. Anni in cui ho abitato vicino a loro, a Tor Bella Monaca, frequentato le loro palestre, i ristoranti, le farmacie, visto le loro feste, parlato con la gente che (non tutti) sceglie di non denunciare, che li considera dei vincenti e che li ammira. In questo modo, mi sono avvicinata al loro modo di vivere e ragionare. E ho potuto raccontare storie che, pur se prive di rilevanza penale, ne descrivono la prepotenza e la sfida allo Stato».

- Lo scorso 8 aprile hai trovato nella tua auto parcheggiata sotto casa una camicia a quadri arrotolata e imbevuta di liquido infiammabile. Una nuova minaccia. L’hai metabolizzata?

«Sì, nel senso che con la paura finisci per convivere. Il che non significa farsi condizionare: la barra resta dritta e il lavoro continua. Quanto all’autore, c’è un’indagine in corso e non è detto che sia collegabile ai Casamonica. Nel tempo, mi sono occupata anche di altro, da Cosa nostra sul litorale alla ’ndrangheta in Germania».

- Nell’introduzione del libro accenni a tua nonna Lina e alla sua domanda ricorrente: “Ce fâstu? Ce ciristu alì? ”. Floriana, perché Roma?

«Volevo fare la giornalista, Roma mi ha sempre affascinata e Pasolini mi ha insegnato l’approccio alle storie degli ultimi. Di criminalità organizzata ho cominciato a occuparmi un po’per caso: qui (nella capitale, ndr) si diceva che la mafia non esiste, ma ciò che vedevo mi sembrava averne tutte le caratteristiche».

- Un pensiero alla tua regione?

«Credo che anche in Friuli per troppo tempo non si sia voluto vedere. Le mafie si sono nascoste dietro al denaro e alla fine rischiano di essere accettate come normali operatori di mercato. Non servono le bombe e gli omicidi, vestono in giacca e cravatta. Il mio Friuli è una terra dove le mafie sono presenti e fanno affari ed è importante parlarne, perché quel che vogliono, per continuare a comandare, è proprio il silenzio». –

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