I canti dei prigionieri in Germania: da Berlino ecco “Le voci ritrovate”

“Le voci ritrovate, canti e narrazioni dei prigionieri della Grande Guerra negli archivi di Berlino” sono il tema del convegno internazionale di venerdí (alle 14.30) e sabato a palazzo di Toppo Wassermann a Udine. Contestualmente sarà presentato il volume con 4 cd frutto dell’impegno del musicologo Valter Colle.
ANDREA ZANNINI
Il 23 marzo 1918 Giuseppe Loddo canta un brano in sardo. È prigioniero di guerra degli Imperi centrali e si trova nel campo di prigionia militare di Limburg an der Lahn, in Germania. Nel momento in cui canta ha 35 anni. Millecinquecento chilometri lo separano dalla sua casa di Fonni, nei dintorni di Nuoro, in Sardegna. È molto probabile che l’abbia lasciata diversi anni prima, quando è stato reclutato, e che abbia poi attraversato la guerra e le sue battaglie sul suolo europeo. È riuscito a salvarsi la vita e si trova internato in un lager. Lì canta davanti ai compagni di prigionia, ai membri della Commissione fonografica, all’imbuto di un grammofono: “Uccelli che volate, / da dove venite?/ Uccelli che volate/ avete visto il mio amore?/E che notizie mi portate?”.
Durante la Prima guerra mondiale, studiosi tedeschi e austriaci produssero incisioni sonore e documenti cartacei sui prigionieri italiani detenuti nei campi di prigionia tedeschi. Realizzate fra il marzo e l’agosto del 1918, al momento costituiscono le più antiche testimonianze sonore dirette di “italiani comuni”, ossia non di politici o cantanti professionisti, ma di contadini, muratori, panettieri.
Frutto del lavoro della Königlich Preußische Phonographische Kommission, una équipe di ricerca direttamente finanziata dal Kaiser Wilhelm II, tali registrazioni fanno parte di una collezione più ampia, realizzata da un gruppo di linguisti, musicologi ed etnologi tedeschi. Seguendo le metodologie di ricerca del tempo, tali studiosi si proponevano l’obiettivo di raccogliere, attraverso le voci dei prigionieri, elementi sulla lingua, la musica, la cultura dei popoli i cui eserciti combattevano contro la Vierbund (quadruplice alleanza).
Per lungo tempo l’intera collezione, la quale comprende più di duemilacinquecento incisioni sonore fra cilindri di cera e dischi grammofonici, è stata quasi del tutto trascurata dalla comunità scientifica, giacendo presso il Phonogrammarchiv dell’Ethnologisches Museum e il Lautarchiv della Humboldt-Universität zu Berlin, dove ancora oggi è conservata.
La loro riscoperta si deve ad appositi progetti di valorizzazione e digitalizzazione promossi a partire dal 2007 da entrambe le istituzioni berlinesi.
Le registrazioni dei prigionieri italiani sono per la stragrande maggioranza dei casi costituite da esecuzioni monodiche. Solo quattro tracce contengono espressioni a più voci. Impossibile sapere se una tale preponderanza sia dipesa da scelte o preferenze di chi ha realizzato le registrazioni o da altre motivazioni.
.
Nel complesso si possono individuare 45 canti diversi e di differente estensione, alcuni dei quali costituiti solo da brevi frammenti. Gli esecutori sono venti, provenienti da tredici regioni – Calabria, Campania, Friuli,12 Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto – più un esponente della minoranza arbëresh del Molise.
Presenti dunque alcune registrazioni sonore e di canti di prigionieri friulani, peraltro pubblicate già da Bruno Rossi in un cd allegato a Venti anni di cd del Friuli (1990-2010) (Pizzicato, Udine, 2010). A esempio quelle di Guglielmo Sommero (o Sommaro), tra cui il canto comunemente intitolato O ce biel cis’cjel a Udine, riportato dubito dopo la fine della guerra dalla storica raccolta Canti di soldati curata da Piero Jahier e Vittorio Gui.
Si tratta di esecuzioni non particolarmente accurate nelle quali la voce è a tratti imprecisa e incerta. L’addetto alla registrazione parla di «Voce malata, occlusa e roca con sufficiente consonanza»: è quindi verosimile che il Nostro fosse in condizioni di sofferenza fisica. —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto