Guerra ai borbonici e ai briganti napoletani: la sfida del Regno d’Italia per il Mezzogiorno

Il volume di Carmine Pinto riporta alle vicende accadute 160 anni fa e fa riflettere sull’origine del problema Nord-Sud

La prima guerra del Regno d’Italia? Quella per il Mezzogiorno, quando il movimento unitario – pur con le sue conflittuali articolazioni interne – e le istituzioni italiane si scontrarono con i borbonici ed i briganti napoletani.

«Tutto iniziò nell’agosto 1860 – esordisce Carmine Pinto –, dopo la trionfale spedizione di Garibaldi in Sicilia», dove, peraltro, le élite locali si schierarono quasi per intero con il nuovo Stato. Esattamente 160 anni fa, dunque. E la contesa, «lunga, complicata e sanguinosa», durò fino al 1870 (l’anno della Breccia di Porta Pia, di quel 20 settembre di 150 anni fa che presto ricorderemo) mobilitando re e generali, politici ed ecclesiastici, artisti e intellettuali, soldati e, infine, coloro il cui immaginario è il più arduo da ricostruire: i briganti, braccio armato (e strumentalizzato) dei Borbone.

Funsero da teatro le province napoletane, ma vennero coinvolti attori di tutta la penisola e d’Europa in uno scenario articolato, all’interno del quale truppe regolari italiane, volontari meridionali e briganti furono immersi non solo in una guerriglia «del tutto priva dei fasti risorgimentali», ma anche in una guerra di propaganda i cui strumenti (vincenti per gli unitari, il cui potere comunicativo era nettamente superiore) furono i dipinti, i monumenti, la saggistica, la poesia, la musica, la stampa periodica, la satira, la fotografia... perché, come disse il duca di Caianello, «le battaglie si vincono prima nella opinione, che sui campi».

Con un lavoro poderoso e meticolosamente documentato, ma non per questo di difficile lettura, l’autore ci riconduce all’origine del problema nord-sud rispettandone la complessità e destreggiandosi fra il movimento nazionale italiano e l’autonomismo borbonico, l’antico conflitto civile che si opponeva al liberalismo costituzionale e l’assolutismo, e ancora la lotta intestina tra gruppi di potere, il legittimismo cattolico, le fazioni locali, gli interessi sociali che da lungo tempo avevano già frammentato città e campagne del sud.

Negli ultimi anni certa storiografia, per contrapporsi a vecchie immagini oleografico-patriottiche, ha nondimeno sconfinato dal lato opposto producendo l’improbabile quadro di un Mezzogiorno sopraffatto o addirittura colonizzato, nel quale si agitarono rivolte sociali e gloriose lotte di popolo per l’indipendenza. Pinto, invece, mettendo in guardia da un discorso pubblico che, piegando alle questioni del presente gli eventi storici, non tiene conto dell’«incredibile distanza che ci separa da quelle vicende», corrobora un’altra prospettiva: quella di una guerra di liberazione da un regime borbonico che – lungi dall’essere florido e progredito – reprimeva i cospiratori liberali ed era logoro, malato, largamente inviso, capace solo di promettere «un ritorno ad un passato felice mai esistito» e di denunciare le nefandezze degli invasori per giustificare il proprio declino.

Lo studioso chiarisce inoltre che il brigantaggio, espressione brutale di una profonda arretratezza sociale, era una realtà endemica priva, al pari del borbonismo, di credibili progetti politici.

Esso si rinnovò in una guerriglia anti-italiana alimentata dal governo borbonico in esilio a Roma: un misto di conflitto politico e criminale su larga scala, che estorceva appoggi popolari con costrizioni e minacce, non aveva né contenuti sociali né tantomeno una coscienza di classe e mescolava azioni contro i nemici locali, omicidi selettivi, interessi personali, attacchi ai reparti isolati delle forze italiane. Alla fine, né i Borbone né i loro sostenitori né i briganti riuscirono mai a mettere seriamente in forse il successo dell’unificazione.

Fu una «guerra per la nazione» atroce che non concedeva mai al nemico alcun riconoscimento, né da una parte né dall’altra. Ma fu anche l’ultimo conflitto combattuto fra meridionali, quello che sancì il trionfo del movimento risorgimentale e l’integrazione del Mezzogiorno in Italia, anticipando questioni e dibattiti decisivi della storia nazionale.

 

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