Guai per Gianluca Vacchi Pignorati yacht e villa per dieci milioni di euro

Una banca si rivale sull’imprenditore-dj star delle notti d’estate Poche settimane fa era a Lignano e aveva fatto il tutto esaurito
Non c’è giorno che non appaia sul web o sui rotocalchi, ma anche sui giornaloni (che con la scusa della cronaca di costume - ovviamente critica - cavalcano il personaggio di turno!), la notizia di una qualche bravata di Gianluca Vacchi, che il piú delle volte bravata non è, ma una sgangherata esibizione danzerina con contorno di avvenenti fanciulle in location da favola, regolarmente postata su YouTube o Istagram. Di qualche settimana fa la notizia che il nostro aveva spopolato in quel di Lignano, ospite pagato, di una discoteca nella quale lo avevano accolto trionfalmente centinaia di fan, quelli che evidentemente ingrossano le fila degli ammiratori sui social. Di ieri mattina invece la notizia del pignoramento di molti dei suoi beni super lusso: yacht, ville, azioni e quote del golf club Casalunga di Castenaso, per un valore di 10 milioni e mezzo di euro che finiscono in mano al Banco Bpm, nato a gennaio dalla fusione tra il veronese Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano. A rivelarlo è Qn-Quotidiano Nazionale. Secondo il giornale sono diventati esecutivi i pignoramenti compiuti tempo fa da Verona per il mancato rimborso di un finanziamento, per una decina di milioni, alla holding First Investments, di cui lo stesso Vacchi è amministratore, finito in portafoglio alla banca dopo il matrimonio tra Milano e Verona. A giudizio di Qn il prestito originario sarebbe stato vicino ai 30 milioni di euro, ma dopo i primi rimborsi sarebbe finito nel novero dei crediti deteriorati.


Insomma, quello che è considerato il re della rete, con 12 milioni di followers (mica bruscolini!) starebbe passando dei guai giudiziari di non poco conto. Che del resto come imprenditore non fosse un granché, lo testimonia il fatto che pur essendo azionista e membro del cda dell’Ima, colosso bolognese del packaging, attiva nel confezionamento di sigarette con importanti commesse da Philip Morris, non ha, come riferisce sempre il Quotidiano Nazionale, deleghe né si occupa direttamente della gestione aziendale, affidata ai cugini che gli verserebbero ogni anno 5 milioni di euro perché se ne stia lontano. Invito da lui preso evidentemente alla lettera, se - sempre sculettando ed esibendo un corpo palestrato, abbronzato, tutto un effetto tartaruga con tatuaggi fantasmagorici -, spunta nei posti più alla moda, sui bordi della piscina di una villa mega a Miami all’ora del tramonto, su uno di quei grandi ferri da stiro che sono gli yacht multimilionari dei nuovi ricchi, sulla terrazza di un qualche esotico albergo extralusso o ancora in esclusive località della Sardegna, sempre in mutande striminzite, generalmente bianche per esaltare l’abbronzatura (Armani docet!), e il fisico così da Big Jim da sembrare di plastica.


Re del divertimento, del “fancazzismo” piú spudorato e inconcludente – e sarà per questo che incanta – Vacchi è diventato in pochi mesi un’icona, modello inarrivabile di quel trash cafone e volgare che ha altri “mirabili” esempi in personaggi come Rhyanna, le Kardashian, quelle del lato b più cliccato del mondo, loro pure nati sul web e dal web generosamente ingrassati. Rete che a quanto pare sta diventano munifica dispensatrice di ricchezze, e non solo per quanti la usano con impegno e studio per nuove start up. Sono nati così bloggers e influencers di ogni tipo. «Fenomeni da baraccone», li ha definiti il critico Aldo Grasso, personaggi che fino a poco tempo fa sarebbero stati insignificanti, «grazie al web diventano globali». Spopolano sul web, impazzano sui rotocalchi, e affollano i talk show o le rubriche impegnate di certi media engagé, in un martellante nutrimento per il nostro devastato e anestetizzato immaginario collettivo. Cosí l’apparire, non importa come quando e perché, è diventato il triste disarmante imperativo categorico di un mondo sempre piú rassegnato al peggio.


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