Gli ebrei a Udine nel racconto di Calimani

UDINE. Oggi a palazzo Antonini, alle 17, si terrà la presentazione dei due volumi di Riccardo Calimani dedicati alla Storia degli ebrei italiani. Dalle origini al XV secolo (Mondadori 2013) e Dal XVI al XVIII secolo (Mondadori 2014), in una sede piú che opportuna data la tradizione di questi studi nel nostro ateneo, che è stato il primo in Italia a istituire una cattedra di Storia dell’Ebraismo. L’evento ci offre la gradita occasione per ricordare alcune delle secolari vicende di questo piccolo, ma significativo insediamento ebraico del Nord-Est italiano. La presenza degli ebrei a Udine è legata al diffondersi delle “condotte”, accordi bilaterali tra le autorità locali e i prestatori ebrei che, nel Basso Medio Evo, posero le premesse per il costituirsi di insediamenti ebraici. Cosí a Udine, il 6 giugno 1387, il Consiglio cittadino stipulava con i feneratori ashkenaziti Moisè e Josep Sefercorn e Mendlen da Cocynstein una condotta biennale. Significativo per la sopravvivenza di questo nucleo fu l’acquisto nel 1405, da parte degli ebrei Iosef e Mandolin, di un orto di proprietà del mugnaio Comuzzo Cicchetto sito nell’attuale calle Agricola, per istituirvi un cimitero che, se pur in disuso fin dal XVIII secolo, era ancora visibile nel 1829.
La conquista nel 1420 da parte di Venezia del Patriarcato di Aquileia non mutò la situazione degli ebrei che, pur sottoposti ad alcune limitazioni tra cui l’obbligo del segno distintivo, continuarono a risiedervi. Un mutamento significativo, che tuttavia non comportò la fine del prestito ebraico, si ebbe in Italia nella seconda metà del ‘400 a seguito della nascita dei Monti di Pietà promossa dai Minori Osservanti francescani, come quello di Udine nel 1496. In questo clima avverso gli ebrei vennero banditi da Udine per la prima volta nel 1462 e, definitivamente, nel 1556 con l’accusa, per altro fondata, di avervi introdotto la peste. Fino alla caduta della Repubblica di Venezia a fine Settecento, se si esclude la presenza dei Capriles a Chiavris, feudo dei Savorgnan, gli ebrei spariscono dalla piazza udinese. Nel 1818 quattro famiglie, quelle di Benedetto Capriles da Chiavris, di Angelo Sullam e di Daniel Luzzatto da San Daniele e di Giuseppe Ventura da Fiume, ricostituirono il nuovo nucleo ebraico in città che, per i suoi fini liturgici, faceva ancora a capo all’antica sinagoga di San Daniele. L’Ottocento fu per gli ebrei l’età dell’emancipazione, che li vide integrarsi in tutti i settori della vita politica e civile. Emblematico il caso del barone Elio Morpurgo (1858-1944), sindaco di Udine tra il 1889 e il 1895, poi deputato nel collegio di Cividale per sei legislature fino al 1919, infine senatore a vita dal 1920. Colpito dalle leggi razziali del 1938 fu costretto a ritirarsi a vita privata. Il 26 marzo 1944 Elio Morpurgo, all’età di 86 anni e in gravi condizioni, fu prelevato dai nazisti dall’ospedale civile di Udine e tradotto alla risiera di S. Sabba a Trieste. Da lì, il 29 marzo, fu deportato alla volta di Auschwitz dove non giunse, in quanto perì durante il tragitto. Un cenotafio nella tomba di famiglia, una strada ed il palazzo donato dagli eredi al Comune di Udine ne perpetuano la memoria. I pochi ebrei residenti oggi a Udine, già iscritti alla Comunità israelitica di Gorizia soppressa nel 1969, fanno parte della Comunità ebraica di Trieste.
Pier Cesare Ioly Zorattini
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