Giú la maschera, ecco Rosinella

Rosinella Celeste, apprezzata e schiva poetessa con radici goriziane, torna al componimento con la silloge “Giú la maschera” edita da Gaspari, che è stata presentata alla libreria Einaudi di Udine

UDINE. Rosinella Celeste, apprezzata e schiva poetessa con radici goriziane, torna al componimento con la silloge “Giú la maschera” edita da Gaspari,  presentata nei giorni scorsi alla libreria Einaudi di via Vittorio Veneto. «I sentimenti racchiusi nelle poesie di Rosinella schiudono verità misteriose in termini perentori, calmi, indefiniti», scrive nella prefazione il critico Licio Damiani.

«Versi emersi da arcaici papiri: “Racconto”, la poesia d’apertura della nuvoa raccolta, parla di tetti pericolanti, di muri attraversati da crepe sulle quali, forse, la scrittrice aveva cercato di reggere policrome certezze che finiscono per dissolversi: come le storie d’amore ormai difficili, quasi strazianti, da reggere, e “non per noia”, ma, forse, per il fatale scorrere del tempo».

«Rosinella Celeste - sono ancora parole del critico Damiani – descrive da una prospettiva slontanta schegge emotive, le sublima attraverso una scrittura scorciata, allusiva, rapida ed elegante. Si averte nell’ellittica precisione descrittiva della narrazione, circonfusa da un alone di malincoico incantamento fabulatorio, di stupore, di strasfigurazione mitica, la lunga consuetudine con gli enigmi della poesia.

È una poesia, la sua, sempre tramata su percorsi dell’anima recuperati come lampi improvvisi attraverso una sorta di “archeologia del frammento” impressionisticamente incisiva, intrisa di emozioni e di odori. Ed ecco, allora, il sentore conservato nei recessi dell’infanzia di “marmellate” e del fondo “grommoso delle botti”.

Ecco il ricordo della madre: “Ti ho amata di piú / mentre andavi raccolta / con la tua pena stretta nel cuore / per celare l’amarezza che mi morde / ti grido parole che incupiscono / il messaggio del tuo sorriso”; e l’accenno fuggevole a un’età di giochi “quando burlavamo / un traghetto impossibile”, mentre adesso di quel luogo, che il lettore immagina perso nel sole, profumato di “oleandro e di rose”, resta nell’animo soltanto il ricordo di un ultimo saluto, “un sapore d’erba fresca... e quel tuo agitarti /da capriolo”. Parole leggere, come portate dal vento che poi tutto allontana e scioglie».

La silloge segna un cambiamento importante nella poetica di Rosinella Celeste. «Dopo i paesaggi della Sicilia natía e della provincia isontina - sottolinea ancora Licio Damiani - dopo i turbamenti, le gioie, i contrasti d’amore, l’esplosione bacchica, nello spirito del famoso verso d’Orazio “Nunc est bimendum, nunc pede libero pulsanda tello” si riconcilia con gli incantesimi della vita».

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