Gioconda Belli ospite a Dedica a Pordenone: il potere delle parole

La scrittrice nicaraguense ospite di Dedica a Pordenone. «Il sandinismo ha divorato la gente e negato ogni libertà»
Margherita Reguitti

“Fin dalla mia giovane età/ gli dèi mi destinarono/ai bivi./ Così la mia vita è stata la costante biforcazione delle strade”. Sono versi di Gioconda Belli tratti dalla recente pubblicazione della raccolta Il pesce rosso che ci nuota dentro (Molesini editore).

La “poeta, romanziera, femminista e umanista”, sua la definizione, torna a “Dedica” di Pordenone per la trentesimaedizione del Festival curato e organizzato dall’associazione culturale Thesis per la direzione di Claudio Cattaruzza dopo esserne stata protagonista nel 2019.

“Scrivere è partecipare”: prendendo spunto da questo assunto si dispiegheranno le mappe di rotta nei mari e cieli della sua scrittura poetica e narrativa, a condurre i due incontri nei quali sarà la prestigiosa ospite. Oggi, martedì 27 all’Università di Lubiana alle 11.30 in dialogo con Marija Ursula Gersak e domani, mercoledì 28 al Capitol di Pordenone alle 20.45 conversando con la scrittrice Federica Manzon.

«Sono felice di tornare in Friuli Venezia Giulia a “Dedica”, un festival che considero unico» esordisce la scrittrice nicaraguense da Madrid dove vive dal 2021, costretta all’esilio perché oppositrice del regime di Ortega. «È per me un onore essere a questa importante edizione e ritrovare dopo cinque anni le persone straordinarie che la realizzano».

La scrittura come scelta, impegno civile, politico ed etico, ieri da combattente del Fronte Sandinista contro la dittatura di Somoza, oggi in opposizione a quella nuova di chi fu compagno di rivoluzione: «Sono stata sandinista ma oggi il sandismo ha divorato la sua gente e negato ogni libertà».

La scrittura come espressione di un’essenza di femminilità nel sentire e agire. «Scrivere è il mio mestiere, mi definisce. Le esperienze di vita hanno lasciato un segno nel mio lavoro. Credo nel potere della parola che però non basta per sconfiggere la tirannia. Ho iniziato a 20 anni e il raccontare è diventato la mia passione e ragione di vita. Nello stesso tempo aderii alla lotta di liberazione della mia patria dopo 45 anni di dittatura. La mia era ribellione politica e attraverso la poesia compresi che non poteva esisterà libertà a prescindere dall’emancipazione delle donne». La sua poetica è fortemente “femminile”, connotata da matrice autobiografica e intima, mentre i romanzi sono un’ esperienza collettiva. La donna come soggetto e non oggetto sessuale fu lo scandalo della sua letteratura.

A Madrid lo scorso dicembre le è stato consegnato il prestigioso premio Reina Sofia per la poesia ispano-americana, in contemporanea la dolorosa comunicazione che il regime di Managua l’ha privata della cittadinanza in quanto "traditrice della patria".

«Il premio “Regina Sofia” è una pietra miliare per la mia carriera – prosegue la Belli - la cerimonia di consegna all’Università di Salamanca da parte della Regina è stata molto emozionante. Un riconoscimento che non mi aspettavo, che mi fatto sentire di appartenere alla letteratura spagnola e al paese che mi ha accolto generosamente sin dal mio arrivo. Un grande gesto di solidarietà per me e per gli oltre 300 cittadini nicaraguensi con me privati della cittadinanza».

Voce fra le più rappresentative e lette nel mondo della narrativa e poesia latino-americana, Gioconda Belli ha fra i temi che caratterizzano e distinguono la sua produzione quello dell’emancipazione e valorizzazione della donna a partire dal successo mondiale di “La donna abitata” del 1988.

«Se in alcune parti del mondo sono stati fatti passi avanti notevoli verso la parità fra i sessi – spiega – c’è ancora molto da fare per l’auto-determinazione delle donne in Africa, Asia, Medio Oriente a America Latina. Credo comunque che il seme dell’uguaglianza è stato sparso, su questo bisogna continuare a lavorare». Ambientazioni e caratteri sono legati alle sue origini ma la sua scrittura è lingua universale: «La letteratura è espressione di passioni, lotte e difficoltà, chi scrive annulla le distanze di tempo e luogo dando vita a caratteri nei quali il lettore si identifica».

Nel suo dna origini piemontesi e francesi che risalgono a metà ‘800. «Sento le radici italiane per questo anni fa andai a Biella da dove partì il mio avo Antonio». Nell’ultimo romanzo “Le febbri della memoria” lo spunto narrativo scaturisce dalla vita avventurosa dell’antenato francese fuggito in Nicaragua perché accusato di uxoricidio.

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