Gervaso: "Seneca m’insegnò a vivere e mia moglie a ubbidire"

Folgorante la sua raccolta di aforismi nel nuovo libro di “educazione cinica”. «Mia mamma era di Poiana di Attimis. Il motto dei friulani? Vigore e rigore»

UDINE. Ci vuole fiato per stargli dietro. Gervaso è un uomo da dodici cilindri, sotto l’abito, e ti sfugge via come una Berlinetta Ferrari del ’46. Auto imprendibile. Rischi di grippare il pennino se non vuoi perderti aforismi, saggezze, aneddoti e quant’altro il gran Roberto riesca a produrre in una chiacchiera informale nel pomeridiano tea break.

«Ho imparato a ragionare da Socrate, a vivere da Seneca, a scrivere da Voltaire, ad amare da Casanova e a ubbidire da mia moglie», rivela nel prologo.

D’altronde lui, giornalista, scrittore e prolificissimo aforista («ne ho impilati ventitrè mila», precisa) è figlio di tempi colti, oltreché geniaccio nato ai piedi della lupa, ma con ampio dosaggio di sangue furlano. Questa poi!

«Mia madre era di Attimis - racconta - anzi di una frazione, Poiana. Quindici figlioli gestiva il nonno e il calendario segnava il ’29, annus horribilis. Con pazienza scesero a Roma e laggiù venni al mondo. Bella donna, mamma, bellissime pure le zie.

Razza forte, la friulana, plasmata con vigore e rigore. La parola data è quella.Ora, senza diventare eccessivamente mieloso, chiudo con un’altra qualità del popolo di Nord Est: la fiducia. Non è facile da conquistare, poi - però - è definitiva».

Instancabile. Sforna libri come rosette il panettiere con braccia robuste, Roberto Gervaso, classe ’37, moglie siciliana al fianco «che amo alla follia».

Sta sugli scaffali l’ultimo La vita è troppo bella per viverla in due, breve corso di educazione cinica (Mondadori), una divertente raccolta di pensieri da una botta e via. Leggi quanto vuoi col vantaggio che non ti devi ricordare la trama.

E allora ne assaggiamo qualcuno, in sua compagnia, naturalmente.

A me della donna piace tanto anche il resto.

A lei, Gervaso.

«Parliamo di tette. Berlusconi, ne sono certo, le adora. I “divini meloni”, le definì il donnaiolo Giacomo. Io preferisco le gambe. E poi le tette intrigano negli affari d’amore spinto».

L’adulterio non è un dovere e nemmeno un diritto. È un salvavita.

«Cosa sarebbero un paio uova senza la frittata? E poi c’è il sale, l’olio, le spezie. E cosa sarebbe un matrimonio senza adulterio? Come le uova, isolate, sole, annoiate finché non friggono in padella. Guardi, io sono stato sempre un fedele. All’infedeltà, certo. Di femmine ne ho possedute di ogni forma e geometria. Belle, brutte, grasse, principesse, analfabete, claudicanti, persino una gobba, che mi fece impazzire. Anche una balbuziente asmatica che soltanto a letto riusciva a ritrovare il suo essere logorroica. E la friulana di un metro e novantotto? Non fu un amplesso, ma una crociera».

Ci sono preti che credono in Dio, preti che ne dubitano e preti che ti tolgono la fede.

«Lo Spirito Santo si rivolse a un tour operator per farsi organizzare un viaggio. “Dove mai vogliamo andare”, gli chiese il tizio dell’agenzia. “Mah, in Vaticano, direi, non ci sono mai stato”. Esistono i preti di campagna con la tonaca, io sono contro il clergyman, che guidano onestamente il gregge e quelli della Curia impegnati nella carriera e a far soldi lassù, negli attici, e a partecipare ai consigli d’amministrazione dello Ior. Onestamente non vedo perché dovrei andare a confessarmi da uno, magari, che ha in saccoccia più peccati di me».

Più che fondare nuovi partiti bisogna affrontare quelli già vecchi.

«Aggiungo in diretta: affrontare e “affondare”. Se lei entra in un ristorante e le offrono due piatti. Un risotto con mosche e uno spaghetto con capelli, che succede? Le passa come minimo la fame. Io sono un vecchio anarchico, ma come si può andare a votare? E soprattutto chi. Sono tutti illusionisti drogati di potere che cercano ogni giorno di vendere l’arrosto ai vegetariani».

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