Gabardini e la lettera al padre: coming out su cos’è la felicità

UDINE. Fare l’attore. Oppure l’autore. Essere figlio. O padre. O gay. Etichette, né piú né meno. Etichette che uno come Carlo Gabardini, diventato celebre per la sua interpretazione di Olmo nella serie tv “Camera Cafè”, sta poco a prendere dal petto dove gli sono state appiccicate e staccarle o spostarle o, ancora meglio, ignorarle del tutto.
«Credo che ci debba essere concesso di non identificarci in una cosa soltanto. Io ho sempre scritto, a esempio, ma questo è il primo libro che viene pubblicato… e non ero nemmeno sicuro di volerlo fare».
Quando Gabardini dice “questo”, si riferisce a “Fossi in te io insisterei” (Mondadori Strade Blu), il suo libro autobiografico che lo stesso autore presenterà oggi, martedí 5 aprile, alle 18 alla Libreria Friuli di Udine in collaborazione con Arcigay Friuli Nuovi Passi. Un libro che sta raccogliendo ampi consensi, facendo crescere in Gabardini la consapevolezza di avere fatto la scelta giusta decidendo di renderlo pubblico.
«In fondo doveva essere una lettera a mio padre dopo la sua morte. Poi è successo che le parole che stavo scrivendo cominciavano a fare effetto prima di tutto su di me». Nelle pagine di “Fossi in te io insisterei” c’è il tentativo (se riuscito starà ai lettori confermarlo o meno), di spiegare con semplicità il perché non si deve avere paura di essere felici. Sembra un fatto scontato, quello della felicità, ma non lo è. «Se sono felice? Mah, il punto è piuttosto cosa faccio per esserlo. Sono convinto che l’importante sia camminare decisi sulla propria strada e in questo modo l’obiettivo perde quasi di significato, diventando automaticamente piú raggiungibile».
Mentre ci offre queste considerazioni, però, Gabardini ride. In realtà lo scrittore e autore (ha prodotto testi per Paolo Rossi, per Sabina Guzzanti e per Maurizio Crozza) ride quasi sempre, e di gusto. Ma non lo fa per leggerezza o scarsa profondità d’intenti. Lo fa perché è davvero convinto di ciò che fa. Come quella volta che ha acceso il pc scrivendo di getto una lettera, poi pubblicata da La Repubblica, dopo aver appreso del suicidio di un sedicenne che non reggeva al peso delle offese per la sua omosessualità.
Nonostante lo sfondo cupo di una tragedia, il tono di Gabardini in quella lettera, che i piú fecero l’errore di relegare nello scaffale dei coming out, era di una disarmante allegria. Il senso era piú o meno: “Essere gay è bellissimo, ma anche non esserlo lo è, insomma è bellissimo essere se stessi». Un tono che Gabardini ha tenuto anche in “Fossi in te insisterei”, libro che ha rischiato di vedere altre etichette attaccate alla sua copertina, ma che lo stesso autore sa di non poter accettare. «Non è un libro sul mio essere gay, tantomeno è un libro su Olmo. E forse non è nemmeno un libro su Carlo, ma come qualcuno mi ha fatto notare, è un libro dove il vero protagonista è mio padre».
A partire dal titolo: un consiglio che veniva proprio dal cuore di quel genitore a cui Gabardini si è rivolto con “Fossi in te insisterei”. «Nel libro tiro fuori i dubbi e le domande che tutti ci possiamo porre cercando una nostra strada verso il successo. Il primo coming out che ho fatto a mio padre, a esempio, è stato quando gli ho confidato che volevo fare l’attore, nonostante fossi convinto anch’io fin da piccolo che sarei stato un avvocato». Un lungo, commovente e divertente viaggio attraverso la realizzazione dei desideri e la paura degli stessi, che il vulcanico Carlo Gabardini racconterà oggi insieme ad Alessandro Baldo del direttivo Arcigay Friuli Nuovi Passi.
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