Alberici a Udine: «Raccontiamo il dolore usando l’ironia»

L’attore e regista di scena domenica 26 ottobre al Palamostre: «Abbiamo scelto di non essere retorici»

Fabiana Dallavalle
L’attore e regista Francesco Alberici sarà di scena a Udine
L’attore e regista Francesco Alberici sarà di scena a Udine

Attore, regista, autore, due volte Premio Ubu, Francesco Alberici è atteso a Udine, per la stagione di Teatro Contatto del CSS Teatro Stabile di Innovazione FVG con due spettacoli e un laboratorio. Diario di un dolore sarà in scena al Teatro San Giorgio domenica 26 e il 2 novembre, alle 17 (in collaborazione tra Teatro Contatto e Festil_Festival estivo del Litorale). Bidibibodibiboo è invece di scena al Palamostre oggi, sabato 1° novembre, alle 20.30.

In Diario di un dolore siete in scena lei e l’attrice Astrid Casali. Prendendo spunto dal celebre testo di C.S.Lewis, come avete costruito la drammaturgia?

«La drammaturgia è stata il frutto di una collaborazione e di una scrittura su scena tramite improvvisazioni e un confronto continuo durato un anno e mezzo che ha coinvolto me, Astrid, Enrico Baraldi ed Ettore Iurilli. Lo spettacolo non è un adattamento del testo di Lewis ma il testo ha funzionato come un amuleto, riferimento continuo a cui tornavamo per un confronto che aveva a che fare più con l’ispirazione e non tanto con il tradurre in drammaturgia teatrale la prosa di quel testo. È stato un lavoro di una raffinazione continua del testo fino a quando la materia di partenza fatta di racconti è diventata una trama, un tessuto».

Una delle caratteristiche del suo teatro sono il sarcasmo e l’ironia, penso a Bidibibodibiboo dove il filo conduttore è quello del lavoro, della società di oggi, del rapporto tra due fratelli ma anche delle scelte che si fanno nella vita, e di quanto la volontà c’entri fino a un certo punto. Ironia e sarcasmo sono presenti anche in Diario?

«Si, li accomuna. Al di là del tema che può spaventare parecchio, anche nel titolo, è molto ironico».

Sempre in Diario avete messo in scena delle storie vostre?

«Il punto di partenza è il racconto della storia della vita di Astrid che è però caricata di elementi "finzionari" quindi sfuma tra cose vere e non vere».

Come si fa ad evitare la spettacolarizzazione del dolore. Avete cercato una misura?

«Sì, assolutamente. Alle volte siamo tutti spettatori di un modo di affrontare e raccontare il dolore che spesso è quello della televisione che è morboso e ricattatorio nei confronti del pubblico. Il rischio che noi volevamo ad ogni costo scongiurare. Il modo per scongiurarlo è scegliere di non essere retorici, di costruire una narrazione che non spinga sul pedale della commozione, che non metta lo spettatore nella posizione di non poter non piangere. Questo si ottiene tramite l’ironia, e la posizione in cui scegli di porre lo spettatore. In Diario di un dolore sicuramente lo spettatore viene accompagnato sin dall’inizio nell’ascolto, nell’entrare nella vicenda con la delicatezza con la quale ad esempio, se io sto male per un motivo non è che me ne vado per strada urlando quanto sto male. Paradossalmente penso sia molto più complesso essere ricattatori. Credo che noi abbiamo tutti gli strumenti umani per comunicare in maniera gentile».

Lo spettacolo ha debuttato nel 2020. Quali sono le reazioni del pubblico?

«Ogni volta si riesce a creare un contatto molto intimo con il pubblico. È come se la sala teatrale si trasformasse e diventasse qualcos’altro: lo spazio di una cerimonia».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto