Calibro 35 da Los Angeles a Cormons: «Il jazz è esplorazione»
La band milanese protagonista a Jazz & Wine of Peace: dal nuovo album “Exploration” in corsa per i Grammy ai set per cinema e tv, tra Umiliani, Morricone e James Ellroy

Di ritorno da Los Angeles e Miami, dritti a Cormons: gli inarrestabili Calibro 35 sono in concerto sabato alle 21.30 al Teatro Comunale per Jazz & Wine of Peace, festival organizzato dal Circolo Controtempo. Fanno base a Milano e sono assieme da 18 anni il produttore Tommaso Colliva, Enrico Gabrielli alle tastiere, piano, sax, percussioni, Massimo Martellotta alla chitarra e synth, Fabio Rondanini alla batteria, e l’aggiunta di Roberto Dragonetti al basso.
Con il nono album “Exploration” si tuffano nell’universo del jazz-funk cinematografico, tra reinterpretazioni di classici di Roy Ayers, Herbie Hancock, Bob James o Piero Umiliani, Lucio Dalla, “Mission Impossible” e composizioni originali. «Oltre che per i concerti in regione – ricorda Martellotta – ci è capitato di passare da Trieste per arrivare nei Balcani, in Croazia e una volta siamo andati fino giù in Kosovo, quindi vediamo la zona anche come un ponte verso l’Est».
“Exploration” è stato inserito nella lista degli album in valutazione per i Grammy Awards nella categoria alternative jazz. Che effetto vi fa?
«Un’ottima sorpresa entrare in questa possibile rosa di candidati. Fa piacere che qualcuno si accorga del lavoro che fai».
Cos’è per voi il jazz?
«Nessuno di noi è un jazzista in senso proprio né specializzato in un genere, mettiamo a frutto delle sperimentazioni personali sia musicali che compositive. Quando ci ha invitato il festival JazzMi ci si è aperto un mondo. Anche il disco è figlio un po’ di questa nuova attitudine che in realtà è abbastanza affine a quella del primo disco».
Esplorazione e improvvisazione vanno di pari passo?
«Tendiamo a lasciare sempre un margine di improvvisazione. L’elemento di novità, quantomeno nell’esecuzione, lo cerchiamo tanto. Ci sono sicuramente dei momenti dove siamo più larghi, più aperti e c’è anche spazio al solismo e all’improvvisazione di tipo jazzistico nella forma e non nel contenuto».
Nell’album ci sono due brani di Piero Umiliani (molti riconosceranno “Discomania” come sigla storica di “90° minuto”) e avete anche girato dei video nel suo studio.
«Per il grande pubblico è quello di “Mah Nà Mah Nà”, in realtà un compositore raffinatissimo, colto e oltre alla scrittura (ai livelli di Morricone), era anche un bravissimo musicista/jazzista. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare le figlie di Piero, Elisabetta e Alessandra, che da qualche tempo hanno ripreso in mano il catalogo e l’eredità del papà, lui aveva avuto l’idea d’avanguardia, considerando l’epoca, di fondare una propria etichetta discografica e studio».
Nel vostro mondo, oltre al cinema c’è la letteratura: i noir di Scerbanenco e ora James Ellroy.
«Qualche anno fa al festival del cinema di Venezia, dove facevamo un set speciale su Morricone, abbiamo conosciuto Francesco Zippel, regista di un lavoro su Sergio Leone. Ci ha contattato per avere le nostre musiche sul documentario dedicato ora a James Ellroy, tra l’altro compariamo anche fisicamente nel film, ne siamo entusiasti e onorati».
I vostri brani sono stati campionati da big come Jay Z, Dr. Dre, Timbaland. E poi sigle ad hoc per Radio Rai e musiche per serie tv, le ultime?
«“Blanca” è alla terza stagione e a breve arriva il remake di “Sandokan”. È una sfida: parliamo a un pubblico diverso da quello che viene ai nostri concerti».
“Notte in Bovisa” non può mancare live. Che altro?
«La scaletta è nuova, con i pezzi dell’ultimo disco più alcuni che non facevamo da un po’ e anche qualche sorpresa che cambia ogni sera».
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