Filippo Nigro a Udine con Il presidente: «Il potere di convincere quando a contare è la forma»

La prima nazionale giovedì 27 alle 21 al Teatro San Giorgio. La produzione del Css sarà in replica fino a domenica

Fabiana Dallavalle
Filippo Nigro
Filippo Nigro

Nasce dall’incontro di tre artisti della scena contemporanea lo spettacolo che debutta in prima nazionale giovedì sera alle 21, al Teatro San Giorgio di Udine, nella stagione di Teatro Contatto del Css Teatro Stabile di Innovazione Fvg.

Il presidente, produzione Css, in replica fino a domenica 30 (alle 17), interseca le vite professionali di Fabrizio Arcuri, regista e riferimento del teatro italiano, da anni artista in squadra al Css, Davide Carnevali, una delle voci più rilevanti del teatro europeo, drammaturgo italiano tra i più riconosciuti e Filippo Nigro, protagonista dello spettacolo e attore tra i più interessanti del cinema italiano – da Le fate ignoranti a La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek – e delle serie televisive di successo come Suburra e la recente Mrs Playmen su Netflix.

Filippo, Confessioni di un ex presidente è un’opera di Davide Carnevali che esplora il tema del potere e delle sue implicazioni morali e personali. È diciamo, il secondo spettacolo di un’ideale trilogia cominciata con Every Brilliant Thing (Le cose per cui vale la pena vivere) di Duncan Macmillan, con la regia di Arcuri. Come si colloca questo nuovo progetto rispetto al precedente in cui la regia è in coppia con Arcuri?

«Questo secondo lavoro fa parte di una trilogia “nostra”, che abbiamo in mente, è un secondo capitolo. Ci sembrava perfetto come passaggio ulteriore, nel senso che mantiene un’apertura al pubblico, ma in un modo completamente diverso: “Every Brilliant Thing” era un percorso molto emotivo, un uomo che racconta la sua vita. Il Presidente è molto mentale, politico». La regia non vuole essere descrittiva. Siamo davanti a una conferenza stampa, a una convention o in un’aula di tribunale? Stiamo con un ex presidente del consiglio che confessa tutto quello che ha fatto, le cose buone e quelle cattive. Perché ha fatto anche cose buone. Vogliamo che attraverso l’immaginazione e la parola “arrivino” il racconto, le situazioni e si calino addosso agli spettatori».

Dicendo che il testo di Carnevali è politico immaginiamo ci sia un linguaggio dalla carica dirompente.

«C’è un linguaggio retorico e manipolatorio come è quello della politica ma anche, ed è per questo che me ne sono innamorato, c’è una somiglianza tra attori e politici. Sulla scena c’è un ex presidente o un attore che sta recitando? Perché in fondo i politici recitano una parte, non sappiamo mai quello che pensano e chi sono veramente. L’abuso di recita consuma la realtà che sparisce. Rimane la finzione come nel teatro. La reale realtà delle cose non c’è più. Forse un politico riesce a comunicare in un certo modo proprio perché sta recitando e comunica sincerità a prescindere dai fatti. Adesso viviamo in un periodo in cui non vale nulla, non ci sono più regole. Si dice una cosa e il suo contrario, si parla alla propria tifoseria sapendo che lo accetteranno. Nello spettacolo il nostro presidente si leva anche dei sassolini dalle scarpe, sono presenti elementi di realtà, anche ironici».

Per la costruzione del personaggio vi siete ispirati a un leader in particolare: Milei, Trump, Meloni?

«Ce ne sono tanti. Ci sono il populismo, la postura e l’atteggiamento nell’affrontare le questioni. La bellezza del testo di Davide è che comunque si capisce che non c’è un leader specifico ma c’è tutto quello che c’è stato da dopo Berlusconi: il potere di convincere in cui non conta tanto la veridicità di quello che stai dicendo ma come lo dici, lo stile, il post che metti, la campagna che ti fanno i social media manager».

Che rapporto ha con il teatro?

«Continuo a farlo e cerco sempre cose particolari. Mi piacciono e non ho problemi a dirlo pur amando i classici, le drammaturgie contemporanee. Il teatro è proprio una passione, si tratta di volerlo fare, mi stimola, mi eccita. Funziona sempre. Anche questa volta ho il pubblico vicino e mi risuona molto. Sarà difficile tornare indietro da questo. Magari nel prossimo lavoro ci sarà una linea ancora diversa ma sempre con queste caratteristiche. Con Fabrizio ci interessa fare ricerca in questo senso. Davide è stato disponibile, lo aveva scritto nel 2013, ma ci ha rimesso le mani e ha creato aperture plausibili più che mai. È un testo che sta contemporaneamente in tanti luoghi». 

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