Fecondazione assistita: «Vogliamo libertà»

La giornalista di Repubblica Annarita Briganti parla del suo libro “Non chiedermi come sei nata”. Grandi nomi al festival

PORDENONE. Inevitabilmente, gradevolmente, sfaccettato. Iper-sfaccettato, per meglio dire: sarà itinerario a frange, quello offerto da Pordenonelegge 2014, maratona letteraria che oscillerà, stavolta - con la consueta fiumana di anteprime, lezioni magistrali, approfondimenti -, tra filosofia, storia e scienza. Immersioni nel particolare, dunque, come nell'universale, in vorticosa alternanza nelle cinque giornate della manifestazione, al via mercoledì 17 settembre: un programma ciclopico - non è una novità, ormai - che fino a domenica 21, appunto, snocciolerà interrogativi di sempre e dell'oggi, della stretta attualità. Curato da Gian Mario Villalta, Alberto Garlini e Valentina Gasparet, il festival accoglierà - per citare appena qualche nome - Armando Massarenti, che disserterà sulla straordinaria modernità del pensiero antico, Vito Mancuso, il sociologo Ulrich Beck (desideraste sapere Come salvare il progetto europeo, ecco chi andare a sentire), Massimo Cacciari e Armando Torno, che guideranno il pubblico nei meandri di un labirinto in cui la filosofia sa spingersi oltre l'esercizio, vacuo, delle decostruzioni. Attesi pure Luciano Canfora e Miska Ruggeri, Adriana Cavarero, autorevole filosofa italiana, il collega Massimo Recalcalti, Haim Baharier, lo scienziato John D. Barrow, il fisico Etienne Klein, e ancora Paolo Mieli, e Masolino D’Amico, e Francesco Jori. Potremmo andare avanti a oltranza, tanti sono gli ospiti e gli spunti in scaletta: impossibile, purtroppo, e allora... allora guardiamo ai contenuti, scegliendone e proponendovene uno fra i più spinosi.

Fecondazione assistita, per entrare subito in medias res. Il libro (opera prima) è Non chiedermi come sei nata, l'autrice (in scena a Pnlegge sabato 20) una giornalista di Repubblica, Annarita Briganti. Il genere? Perfetto esempio di autofiction, categoria in inarrestabile espansione. Siamo di fronte, insomma, a un racconto autobiografico, per quanto romanzato. Storia vera, vita vissuta: epopea di una «nuova maternità», ovvero viaggio nel dramma del prima, nel calvario del durante, nelle speranze del poi. E qui, superfluo dirlo, si spalanca un universo: Annarita Briganti ci si infila con un'idea netta, drastica - frutto, è chiaro, dell'esperienza diretta -, e la offre alla platea.

«Nessuna volontà impositiva, ovvio. Un semplice contributo alla riflessione: solo il mio parere, nel mare di una discussione fatalmente, giustamente, stracarica di posizioni e implicazioni». Per la sintesi basta, alla fin fine, una parola: «Libertà», scandisce la scrittrice, che a Pordenonelegge dialogherà con Gloria De Antoni (una delle comparse del volume, per inciso, e senza camuffamenti nel nome di battesimo). «Ecco, io la vedo in questo modo: il cittadino italiano, uomo o donna che sia, dovrebbe essere lasciato libero di scegliere come far nascere i propri figli. In fin dei conti di cosa parliamo? Di amore, di persone che vogliono mandare avanti il mondo. Ritengo che tutti dovrebbero poter cogliere, dalla scienza, le stesse opportunità: nel nostro Paese, invece... è come se, cito una frase del romanzo, a un malato di cancro si dicesse che può curarsi fino a un certo punto, non oltre. E così il risultato è che vincono sempre i ricchi, cui non mancano i mezzi per accedere alla medicina estera. Il 67% delle coppie che si rivolgono, per la fecondazione assistita, alle cliniche spagnole proviene dall'Italia. Come dire: lo Stato, il nostro Stato, con le restrizioni in essere altro non ha fatto che alimentare un business di settore».

C'è il tema limiti, certo, ma Briganti ci scivola sopra con leggerezza. «Libertà», ripete: ognuno decida in coscienza, si spinga fin dove ritiene giusto andare. «Sono cresciuta vedendo Cenerentola e Pretty Woman. Credo nell'happy end, e non per nulla ho chiuso la narrazione con un messaggio di speranza. Ma oltre che romantica... sono una giornalista, che deve raccontare le cose come stanno. «Se vuoi avere un figlio, in Italia, e sei single - sbotta a un certo punto Gioia, la protagonista nonché mio alter ego -... sparati». Penso alle coppie non sposate, ormai percentuale altissima, o a chi non ha un partner. E attenzione, il mio ragionamento non si limita alle provette: c’è il discorso delle adozioni, ulteriore capitolo drammatico. Mi ferisce profondamente il fatto che il battagliero Matteo Renzi non abbia speso nemmeno una parola sul caos bio-etico in cui brancoliamo: qualcuno dovrebbe dirgli che se andiamo avanti così non ci saranno più bambini per riempire i banchi di quella scuola per la quale, a buon diritto, si batte con tanto vigore. Capisco che esporsi su argomenti del genere possa procurare inimicizie - io stessa sono bersagliata da stalkers -, ma non ci si può tirare indietro. Non più».

Lucia Aviani

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