Ecco la versione friulana del romanzo di Piero Chiara “Vedrò Singapore?”
Nella traduzione di Flavio Vidoni, con una dotta prefazione “controcanto” di Rienzo Pellegrini, edita da Aviani & Aviani. Sabato 12 la presentazione a villa de Claricini

Sarà presentata sabato 12 novembre, alle 18, nella Villa de Claricini, a Bottenicco di Moimacco, la versione friulana del romanzo di Piero Chiara “Vedrò Singapore?”, nella traduzione di Flavio Vidoni, con una dotta prefazione “controcanto” di Rienzo Pellegrini, edita da Aviani & Aviani.
Dopo la traduzione in lingua ceca, dunque, il bel romanzo dell’autore luinese trova ora anche la versione friulana con il titolo “Viodaraio Singapûr?”.
Come specifica il traduttore, la versione è in perfetta koinè, scritta per essere alla portata di ogni friulano, di qualunque latitudine e abituato a qualsiasi variante.
L’idea di portare in lingua friulana la vita avventurosa del protagonista è dipesa dalla stessa “location” del romanzo, che è appunto, in gran parte il Friuli e nella fattispecie il Cividalese nonché la confinante Slavia, all’epoca (erano i primi anni Trenta del Novecento) territorio italiano e infine Trieste.
Si tratta di un romanzo autobiografico, in quanto Piero Chiara non ancora ventenne vinse un concorso del Ministero di Grazia e Giustizia per il ruolo di “aiutante volontario di cancelleria” e la sua prima destinazione fu la pretura di Pontebba.
Dopo poche settimane ecco il primo trasferimento nella pretura di Aidussina, nella valle del Vipacco. Nel 1933 il trasferimento a Cividale, dove alterna al lavoro la stecca del biliardo e le carte da gioco. Un sabato viene sorpreso mentre si intrattiene piacevolmente con una postulante in ufficio.
Per evitare il licenziamento si finge preda di un esaurimento nervoso e in attesa dei provvedimenti disciplinari trascorre il tempo a Trieste, dove si è frattanto trasferita l’ambita cassiera del Caffe Longobardo cui il volontario di cancelleria faceva la corte.
La trama del romanzo si svolge nel corso di un solo anno solare, con un inizio ben specificato: “La date dai 23 di Novembar dal 1932, plui che scrite, e je ingjavade intal gno cjâf cun improntis no mancul indelebilis di chês che, di li indevant e par dute la vite, al incidè il dolôr jenfri un just interval e chel altri” è infatti l’incipit della versione friulana. “Vedrò Singapore?” è il primo e anche l’ultimo romanzo di Piero Chiara (1913-1986), uno degli scrittori più vivaci della seconda parte del Novecento.
Il primo, perché lo ha pensato a lungo a iniziare dagli anni Cinquanta, prima di tutti gli altri che sono seguiti e l’ultimo perché lo ha dato alle stampe Mondadori nel 1981, quando ne erano già usciti altri cinque.
La domanda del titolo se la pone il protagonista quando sta per imbarcarsi, diretto in Estremo Oriente, alla fine di una vicenda piena di avventure che potrebbero benissimo essere paragonate a quelle del “picaro matriculado” di Bartolomé Palau, sia per l’impianto, fatto in prima persona con il protagonista che racconta le sue avventure, sia per il tipo di personaggio descritto, uomo di basa estrazione sociale che qui diventa un impiegato, naturalmente di ultimo livello.
Sballottato da una sede all'altra, il nostro “picaro” trova come antagonista un superiore potente e cattivo, spietato, accanito e crudele, che alla fine però la pagherà cara perché a forza di accanirsi sui buoni, quelli si stancano e diventano più pericolosi dei cattivi. Lo sfondo del romanzo, come detto, sono cittadine friulane e della Venezia Giulia, ma soprattutto Cividale, che Piero Chiara offre al lettore come una guida turistica.
Non per nulla, nel 2012, il giornalista Roberto Covaz ha portato al Mittelfest una sua versione teatrale del romanzo, che vede questo giovane senza interessi, né passioni, se non per il biliardo e per le carte da gioco, diventato per forza di inerzia assistente di cancelleria, essendosi classificato al centodiciottesimo posto su centodiciannove ammessi e che trova un po’ di piacere nella sua esistenza andando a sbattere contro una schiera di personaggi piuttosto strampalati.
Flavio Vidoni ha tradotto dallo spagnolo all’italiano il libro di poesie “Stalactitas y Soles” della poetessa argentina Gabriela Fabiana Rivero (Campanotto, 2015) e il suo libro “Don Juan B.V. Mitri. El pionero del cooperativismo en Sunchales” (Aviani, 2019), dallo spagnolo al friulano il romanzo di Miguel Delibes “El camino” con il titolo “La strade dal Civuite” (Aviani, 2017) e dal francese all’italiano il romanzo “Kanake” della scrittrice parigina Marie Lincourt. Prima aveva curato i libri “Bon dì Friûl” di Guerrino Floreani (2004) e “La storie di Leo” di Igino Macasso e aveva scritto “Ai confini del mondo” (2007) e “La vuere dai fruts” (2012). Nel 2016 ha raccolto nel volume “Robis di fruts” le poesie di Celso Cescutti.
“Viodaraio Singapûr?”, nella villa de Claricini, a Bottenicco di Moimacco, sarà presentato dal critico prof. Roberto Jacovissi e dal cardiologo Paolo Moretti, recente autore del libro “Cividalesi del Novecento”, mentre l’attore Danilo D’Olivo leggerà alcune significative pagine del testo.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto