È di Codroipo il chitarrista scelto e voluto dalla produzione

UDINE. Il microclima da palcoscenico già lo conosceva, Marco Bianchi, musicista friulano di Codroipo calamitato da Father and Son, ovviamente completo di chitarra. «Mi ricorda Paolo Rossi - suggerisce Bisio, che l’ha scelto e voluto - lui è un improvvisatore nato». Marco è già alla ventiseiesima replica, «comprese le tre di riscaldamento», il ragazzo è preciso. «Vivere un lungo tour - dice - è meravigliosamente stancante. Da concertista cambi ogni giorno città, smonti e rimonti, con il teatro godi la pausa lunga e non ti serve fare il soundcheck ogni sera. Manca un po’ casa e il mangiare sempre fuori non aiuta la forma. Nel costume ci devi entrare. Tutto il resto è wonderful».
Il difficile, crediamo, è essere contemporaneamente musico e interprete. «Infatti. Non puoi mai distrarti, qualche occhio addosso ce l’hai sempre. Il regista ci diceva: “Voi - io e la mia collega violinista Laura Masotto - siete lo specchio del pubblico. Ogni vostra mossa è sempre determinante”. Anche mentre suoniamo serve avere orecchie e occhi tesi». Marco ha trent’anni. Qui la tematica è chiara: padri e figli al tempo dello smartphone. «Io sono un nativo analogico, non mi sento parte del gruppo in analisi, questi sono digitali, la gioventù del Duemila». (Gpp)
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