Detentio Corporis: Così la danza si trasforma in una denuncia

La celebre scultrice francese Camille Claudel rivive nello spettacolo al Teatro San Giorgio. Appuntamento martedì alle 20.30

Margherita Reguitti

La danza come linguaggio di denuncia della privazione femminile alla libertà del corpo e della creatività. Alla vigilia del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza di genere, che l’Onu fissò con una specifica delibera nel 1999 contemplando anche gli atti di soppressione della libertà nella vita pubblica e privata, va in scena martedì alle 20. 30 al Teatro San Giorgio di Udine “Detentio Corporis”.

Prima dell’opera per Camille Claudel, ideazione, coreografie e danza di Luana Pignato, con all’arpa celtica e voce Chiara Spezzo, musiche di Camilla Isola con incursione poetica di Manuel Marrese. Il titolo in latino richiama alla detenzione e costruzione fisica e mentale della quale fu vittima la scultrice francese Camille Claudel (1864-1943).

Figura importante per Luana Pignato, in quanto emblema di tutte le artiste, capaci e audaci che, per la ferma determinazione ad esprimere la propria indole nella società e nella professione, hanno subito condizioni di marginalità ed esclusione. Una voce per tutte le donne e artiste, anime incomprese, allontanate perché diverse.

«L’uso del latino nel titolo – spiega la danzatrice – richiama all’universalità e classicità senza tempo della lingua».

Lo spettacolo, della durata di un’ora, attinge all’anima plastica dalle sculture di Camille e segue il filo di narrazione che prende l’avvio dalla negazione del valore della sua opera e personalità. Entrata a 19 anni come assistente nello studio del maestro August Rodin, ebbe con lui una relazione anche sentimentale che, quando decise di troncare, la fece piombare in uno stato di isolamento sociale. Fu bandita dal mondo artistico parigino, ridotta all’impossibilità di vivere del suo lavoro.

La narrazione dello spettacolo segue lo sprofondamento nell’abisso di ossessioni e spaesamenti mentali fra disperazione ed emarginazione che furono fra le cause del suo internamento in manicomio. Sul palco, dalle luci fortemente contrastate in una scenografia essenziale, il corpo della danzatrice ha la compattezza e rigidità della scultura. Le movenze sono imprigionate da una pesante gonna rossa.

«Il costume e i movimenti sono pensati avendo in mente l’opera di Camille La Valse – spiega Luana Pignato –. Due corpi avvinghiati in un abbraccio fra amore e morte. In origine pensati scolpiti nudi, la censura del tempo la costrinse a rivestire la figura femminile di una gonna enorme che, se dà movimento al corpo, tenendolo però prigioniero».

Una metafora della condizione di prigioniera come donna e artista, vissuta senza compromessi nella determinazione a pretendere gli stessi diritti e spazi espressivi riconosciuti agli uomini anche a costo della libertà. «Lo spettacolo raccoglie l’urlo di Camille – continua l’interprete. Arriva dal passato ma riverbera nel presente non solo in paesi lontani ma anche nella nostra Europa. Per questo è un tema che va sempre posto per non farci rubare la nostra pelle-anima, il diritto all’unicità e autenticità senza tradire al nostra vocazione».

Allieva ballerina alla scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma, l’artista vanta una carriera in varie compagnie di repertorio classico e di danza-teatro in Germania e Polonia e altri paesi europei. Nel 2023 la scelta di dare vita a propri spettacoli indipendenti di teatro partecipato fondando, assieme a Manuel Marrese, Kalā teatro –www. kalateatro. it.

“Detentio Corporis” è stato preceduto da un laboratorio tenutosi alla “Casa delle Donne” in cui è stata creata la gonna indossata in scena. È stato contemporaneamente la scintilla per il libro d’artista “In Lumine”, con fotografie di François Collaro, testi di Brunella Torresin e Donatella Nonino. Una pubblicazione che ripercorre le tenebre del padiglione femminile, il numero 9, dell’ex Ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo. Lo spettacolo è prodotto da Kalā Teatro di Fagagna, biglietti in vendita sul sito, costumi di Delfina Capuzzo e luci di Michele Pegan. 

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