Dalla guerra in Libano alle steppe siberiane: l’umanità inquieta di Mathias Enard

Lo scrittore ospite di Dedica dal 5 marzo 2022 a Pordenone Cattaruzza: «La sua narrazione è un fiume in piena»
Mario Brandolin



Se c’è una caratteristica che contraddistingue il festival Dedica dalle tante manifestazioni culturali che pullulano in Regione è il fatto che la scelta dei protagonisti attorno a cui focalizzare incontri, spettacoli, letture, concerti non è mai scontata, mai ovvia mai giocata sulla popolarità facile, magari benedetta da qualche eco televisivo o mediatico. Spesso si tratta di scrittori non molto noti al grande pubblico, quello dei giornali e dei talk Tv, ma la cui statura poetica e letteraria è di indiscusso valore.

Come nel caso del protagonista della prossima edizione di Dedica, presentato ieri a Pordenone, che avrà luogo dal 5 al 12 marzo 2022. L’autore prescelto per l’edizione numero 28 è Mathias Enard, in Europa uno degli scrittori più acclamati, vincitore nel 2015 del prestigioso Premio Goncourt per il romanzo “Bussola” salutato dalla critica come un autentico capolavoro. Francese, nato nel 1972, Enard ha una biografia ricca ed eclettica. Laureato in storia dell’arte, ha poi studiato l’arabo e il persiano, ha vissuto a lungo in Medio Oriente e da più di vent’anni risiede a Barcellona, dove affianca all’insegnamento della letteratura araba all’Università l’attività di traduttore. Ha al suo attivo una dozzina di romanzi che raccontano storie in scenari che vanno dal Medio Oriente assolato ai paesaggi brumosi della zona di Niort (nella quale è nato), non lontano dal Golfo di Biscaglia. Romanzi che contengono una quantità sterminata di nozioni, personaggi e luoghi, opere che magari per un piccolo dettaglio possono collegare un paesino dimenticato alla Grande Storia.

«Quella di Enard – spiega Claudio Cattaruzza, curatore di Dedica, – è una scrittura complessa, ricca di citazioni, rimandi ad altri autori, opere e libri. Il suo stile è particolare, e la sua narrazione è come un fiume in piena che avvolge e travolge. Ciò che colpisce è inoltre la sua formidabile capacità di immedesimazione. Come nel caso del suo libro più emblematico, “La perfezione del tiro”, che narra le vicende di un giovane cecchino durante una guerra civile (che la critica ha stabilito essere il Libano) e al tempo stesso i danni che la guerra provoca nelle persone svilendone l’umanità. Altra sua caratteristica è il fatto che tutti i suoi romanzi sono ambientati in un luoghi e situazioni diversi, dall’Italia in “Zona”, il suo libro più complesso e potente, al periplo dell’Oriente fra Europa e Siria in “Bussola”, poi il salto in Russia e la lunga attraversata della Siberia partendo da Mosca in “L’alcol e la nostalgia” fino alla Costantinopoli di “Parlami di battaglie, di re e di elefanti”, nella quale Enard immagina un Michelangelo a corte non del Papa ma del Sultano per tentare l’impresa che non è riuscita a Leonardo, ovvero costruire il ponte sul Bosforo”, e al paesino di Saint-Christophe, non lontano da Poitiers dove Carlo Martello si scontrò con gli arabi del Califfato di Spagna nel suo ultimo romanzo, “lI banchetto annuale della confraternita dei becchini”. Sono tutte storie, le sue – conclude Cattaruzza – che mettono sempre in rilievo il confronto fra le diverse culture creando elementi di dialogo e osmosi fra le stesse».

Che è poi il senso specifico di Dedica: affrontare attraverso uno scrittore i grandi temi che agitano la contemporaneità in una prospettiva di apertura, inclusività e pace. «Proprio grazie a questa cifra che ci contraddistingue e rimane unica in Italia – afferma il presidente dell’associazione Thesis, che cura Dedica, Antonino Frusteri – il protagonista del festival riesce a stabilire una relazione stretta con il pubblico e con la città che lo ospita, e viceversa».

Già a febbraio partiranno le anteprime a Dedica, per avvicinare il pubblico all’autore, stimolando curiosità e riflessioni per un approccio più consapevole alla rassegna di marzo. Tutti i romanzi di Enard sono tradotti in italiano. —

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