Da Zara all’esodo istriano quando la Storia è scomoda

**La storia di come fu distrutta la vecchia Zara, città dalmata dalle belle atmosfere veneziane, è stata a lungo cancellata, ignorata. Solo negli ultimi decenni riemerge attraverso archivi prima inaccessibili e grazie alle ricerche di studiosi che danno sostegno alla voce fin qui inascoltata dei testimoni, sopravvissuti e fuggiti da quella terra a fine guerra. Una tragica sequenza di 53 bombardamenti aerei anglo-americani, dal novembre del 1943 a quello del '44, la ridusse in un ammasso di ceneri carbonizzate, privo di vita e di fisionomia.
Tutto si risolse in un’inutile e vandalica opera di annientamento i cui motivi, come scrisse Enzo Bettiza nel bellissimo libro “Esilio”, sono rimasti senza una risposta convincente perché Zara non aveva importanza strategica, essendo priva di porto, insediamenti militari e collegamento ferroviario. Invece divenne l’obiettivo di un accanimento feroce, che causò 2 mila morti fra i 22 mila abitanti e la fine di una storia secolare, riconducibile ai romani e ai veneziani. La tesi emersa con l’utilizzo di documenti tenuti segreti fin dopo la morte di Tito è (come sostengono per esempio Oddone Talpo e Sergio Brcic nel libro “Vennero dal cielo”) che gli Alleati avessero avuto dai partigiani jugoslavi false indicazioni per colpire con energia, al di là della effettiva importanza, una città simbolo dell’enclave italiana in terra dalmata.
Temi questi tornati d’attualità in epoca recente, da quando una legge ha istituito nel 2004 “Il giorno del ricordo” per commemorare le vittime delle foibe e dell’esodo da Dalmazia e Istria al termine del conflitto. Come accade ogni anno, anche domani, martedí 10 febbraio, si rinnoverà a Udine il significativo incontro per far riflettere su eventi che, a settant’anni di distanza, attendono ancora spiegazioni, che non siano ideologiche e politiche, ma risposte vere e concrete alle domande poste dai superstiti e dai loro familiari. Un’opera questa, di sensibilizzazione e informazione, condotta con passione e amore per la terra di origine dal comitato provinciale dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, presieduto da mezzo secolo dall’ingegner Silvio Cattalini, discendente di una famiglia molto legata alle vicende dalmate fin da quando gli antenati, secoli fa, si trasferirono dal Veneto a Traú per fondare un cantiere navale, che successivamente si spostò nella stessa Zara, vicino a un’altra azienda celebre, la distilleria dei Luxardo, emigrati lí dalla Liguria a inizio Ottocento. Il nome dei Cattalini (italianizzato al tempo del fascismo rispetto all’originario Cattalinich) appare in momenti rilevanti nella storia cittadina, come accadde per un successo sportivo che fece clamore e che tutt’ora rappresenta un primato vista la presenza di ben tre fratelli (uno dei quali era il padre di Silvio) sull’imbarcazione “otto con” che vinse alle Olimpiadi di Londra nel 1924 la medaglia di bronzo nel canottaggio.
Il programma del “Giorno del ricordo 2015” prevede martedí, nell’auditorium Zanon, un incontro alle 10 con la consegna di medaglie e diplomi di benemerenza ai . familiari delle vittime, la proiezione di un filmato nel quale Cattalini narra il passato di Zara e la sua distruzione a causa dei bombardamenti, la presentazione del libro “Memorie”, di Emilia Malvolti Calestani, con letture da parte di studenti, e infine un intervento del professor Fulvio Salimbeni sul tema: “Perché ricordare? Che cosa ricordare? Come ricordare”. Il giorno successivo, mercoledí, alle 11 cerimonia davanti al monumento alle vittime delle foibe, in via Bertaldia, con la benedizione e la lettura della preghiera dell’infoibato.
Tra le iniziative spicca stavolta il libro di Emilia Calestani, una sorta di diario dedicato a Zara dove l’autrice arrivò nel 1937 assieme al marito Vittorio, insegnante al ginnasio D’Annunzio, la scuola in cui studiarono personaggi di rilievo, come lo stesso Bettiza che spiega quel mondo magico in un capitolo del suo romanzo, incentrato sulla magnetica figura di un’insegnante che si chiamava Consuelo, «nome da eroina iberica». Le pagine della Calestani raccontano le atmosfere cittadine, nella quotidianità e poi nella tragedia della guerra e dei bombardamenti. Interessante anche quanto scrive sulla connivenza fra fascisti e ustascia di Ante Pavelic o sull’arrivo del nuovo governatore, un certo Bastianini, definito dall’autrice «un buon uomo, di cuore, ma alla fine un re travicello», sbarcato con un corteo di auto fra due ali «di speciali squadre di applauditori e di applauditrici nei costumi dei vari villaggi». Dunque un racconto schietto, vivo, fatto da una donna attenta e curiosa, che scappò da Zara fortunosamente raggiungendo la Liguria dove è morta nel 1991, a 97 anni. Il suo libro era già apparso in una piccola edizione. Ritrovato per caso, torna in veste grafica accurata, con immagini d’epoca e prefazione di Sergio Brcic. È l’ennesima opera proposta dall’associazione presieduta da Silvio Cattalini, che è stato fra i principali collaboratori di Ottavio Missoni, “omo de mar” anche lui, il quale ricopriva la carica simbolica di sindaco del Libero Comune di Zara in esilio.
Dal suo studio, colmo di libri, documenti, carteggi, immagini dedicate alla leggendaria Diadora, Cattalini continua a Udine a far conoscere, in particolare ai giovani, cos’era quella stupenda città distrutta e poi ricostruita, ma smettendo di essere se stessa, perché poi tutto cambiò, a cominciare dalla popolazione. Quasi un fantasma allora, uno spettro senza corpo e volto, che sopravvive ora grazie a chi vi abitò e non l’ha dimenticata. Personaggi come Cattalini e tutti i dirigenti dell’Anvgd hanno dedicato infinite energie, idee e iniziative all’impegno di non disperdere la traccia di ciò che la storia ha schiacciato con furore ideologico, di qualsiasi colore esso sia. Esistenze difficili le loro, fin dagli inizi, quando fuggirono negli anni Quaranta in Italia, non compresi o addirittura maltollerati. Ma la storia va sempre raccontata, anche se scomoda e controversa, attraverso una testimonianza che diventa cosí una missione, meritandosi un sincero riconoscimento, al quale però finora nessuno ha pensato. Finito nell’oblio pure quello, come l’enigma di una città su cui infierí la piú tragica e misteriosa delle maledizioni.
**Questo articolo è stato modificato, in data 7 febbraio 2017, perché la foto inserita precedentemente era sbagliata. La foto precedente ritraeva una famiglia francese in fuga dall'avanzata hitleriana. Erroneamente era stata archiviata come uno scatto raffigurante un nucleo familiare istriano.
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